Davanti al crollo della Democrazia cristiana, Giovanni Spadolini si chiedeva in una intervista a “L’Unità” dell’autunno del 1992, come si sarebbe potuto ristabilizzare il sistema paese ed intorno a quale forza politica. Spadolini non poteva ancora immaginare il dualismo bipolare che si instaurò due anni più tardi e gli esiti catastrofici prodotti fino alle speranze ed al rapido fallimento del movimento 5 stelle. Con l’attuale legislatura è arrivata la novità di una forza politica che dal 4 per cento è passata al trenta e che mai aveva avuto responsabilità di governo in tale misura. Pochi mesi e Fratelli d’Italia non sembra già più poter offrire garanzie di successo migliori delle forze precedenti. Al nuovo governo non si può rimproverare nulla sul fronte della continuità delle scelte internazionali, al contrario. La condotta del presidente del Consiglio, onorevole Meloni, a favore dell’Ucraina, pone il governo al riparo da accuse strumentali ed anacronistiche che pure si vorrebbe far circolare nella società italiane. Fu Luciano Violante, da presidente della Camera, durante una legislatura ulivista a proporre la pacificazione senza pentimento con i residuati del fascismo. Ora ci si lamenta se qualcuno ha il busto del duce in casa. Il fascismo è stato sconfitto nel 1945, la Costituzione vieta la ricostruzione del partito fascista e la legge l’apologia. Se qualcuno nel suo intimo ammira Mussolini sono affari suoi. Il fascismo di oggi è la Russia di Putin e il governo italiano lo sta combattendo, altri non si direbbe. Questo non toglie che i passi falsi compiuti dal governo sono troppi, dall’immigrazione ai diritti dei cittadini.
Il peggio si è visto sin dalla presentazione della legge di bilancio annunciata da interventi a dir poco paradossali, il tetto al contante, il pos. Ci si è salvati fondamentalmente grazie all’intervento europeo che il governo ha mostrato di saper recepire. Una forma di buon senso del governo, non di una sua autonoma capacità. Tanto che sulle concessioni balneari il governo si è insabbiato. Ora davanti al Pnrr è prossimo alla catastrofe. Qui si tratta di riforme indispensabili per un paese che spende male e non sa investire. Se vi sono ancora dei margini sufficienti per evitare di disperdere gli sforzi compiuti dal precedente governo appare già fin troppo evidente che l’opinione pubblica inizia a temere il peggio. Non aiuta l’atteggiamento vittimistico ed è penoso recriminare responsabilità pregresse. Il governo ha un’ampia maggioranza, si è assunto liberamente le sue responsabilità deve saper dare prova di se in queste settimane o lasciare rapidamente il passo in modo che il Capo dello Stato trovi una diversa soluzione. Si risparmi solo al paese la pantomima di un governo che pensa di restare in carica dopo aver mancato il principale obiettivo che si trovava da raggiungere.
D’altra parte, per quello che possono valere i sondaggi, questi ultimi hanno oramai inevitabilmente assunto un peso di una qualche rilevanza. Testimoniano che la luna di miele fra il governo e gli italiani si è conclusa, così come il cambio di segreteria del partito democratico ha innescato attese di una qualche consistenza. Non è detto che il partito democratico possa fare meglio di quanto abbia fatto finora il governo in carica, tuttavia forse è già il momento di prendere in considerazione l’ipotesi di una nuova emergenza. Il partito repubblicano ha ritenuto deleteria la fine prematura del governo Draghi, soprattutto a fronte degli impegni che attendevano l’Italia. A distanza di pochi mesi, c’è da credere che si sia perso del tempo fondamentale per ritornare al punto di partenza, tale per il quale dopo Draghi c’era solo Draghi.