Quando cinque mesi fa opinionisti ed esperti più o meno illustri spiegavano alle televisioni che Putin tempo una settimana sarebbe entrato a Kyiv, questo giornale modestamente sosteneva che la Russia non avrebbe conquistato mai più l’Ucraina, né in una settimana, né in sette anni. Questo non perché abbiamo doti profetiche, ma per due semplici ragioni. La prima era che dal novembre del 2021 l’America corazzava l’inesistente difesa ucraina con dispositivi militari più sofisticati di quelli russi e con il necessario supporto logistico. La seconda è che tutti i paesi del blocco dell’est, la sola Ungheria esclusa, avrebbero alimentato una resistenza ucraina, causa il rischio connesso alla loro stessa esistenza. E’ in questo quadro che persino Finlandia e Svezia hanno rinunciato alla loro neutralità geopolitica per entrare nella Nato e la Moldavia si sta armando.
Per la verità il quadro militare nel suo complesso è persino peggiore per la Russia di quello che prevedevamo. Infatti ci saremmo aspettati in questi cinque mesi uno sbarco su Odessa con esito incerto, che non è mai avvenuto. La flotta russa langue nella rada di Sebastopoli dove viene colpita sistematicamente, persino da droni stampati artigianalmente in 3d. L’unica conquista strategica ottenuta, l’Isola dei Serpenti che chiudeva il Mar nero, è tornata in mani ucraine. Inevitabile quindi che la controffensiva ucraina visto lo stato di fortificazioni nel Donbass dove i russi si sono interrati come i tedeschi alla Marna, arrivasse direttamente in Crimea. La Russia è minacciata nelle sue retrovie del 2014. E c’è di molto peggio. La morte della figlia del filosofo, chiamiamolo così, Dugin, che era per la sua attività propagandistica più famosa ed attiva del padre, dimostra, comunque la si ritenga, una falla inquietante del sistema di sicurezza russo all’interno dei suoi stessi confini. Persino le persone più vicine al Cremlino sono nel mirino. Difficile che Putin si scoraggi per 40 mila contadini mandati a morire male armati e senza un piano adeguato su cui contare. Ad un Paese che ha fucilato Tuchacevskij non gli importa nemmeno dei suoi generali. Se incominciano a cadere i figli o le figlie della cricca al governo mentre si fanno gli affari loro, le cose cambiano leggermente. Come cambiano anche i rapporti interni all’oligarchia che patisce le sanzioni europee eccome e soprattutto si è stufata di patirle. E quale la prospettiva che offre loro Putin? Rinunciare ai proventi del gas europeo per lasciarci al freddo come dice Medvedev, ovvero rinunciare ad uno dei loro guadagni migliori.
Se la Russia avesse avuto una opzione nucleare possibile, bene, l’avrebbe usata da quel di, piuttosto di ridursi a questo. Come, potete star sicuri, che se l’avesse avuta la vecchia Unione sovietica, non si sarebbe dissolta. Per la verità non conviene scherzare troppo nemmeno con la centrale di Zhaporizia. Se si consuma un disastro ne pagherebbe più le conseguenze la popolazione russa che quella dell’occidente.
Si capisce quindi come ieri Zelensky si sia trovato tutto l’occidente a fianco nella rivendicazione della Crimea. Se la Crimea deve tornare all’Ucraina, come pure è stato detto, e come sta per essere fatto sulla base della situazione sul campo, escludiamo che possano restare le cosiddette repubbliche separatiste del Don Bass. C’è una sola opzione rimasta sul tavolo, la capitolazione della Russia. Se Putin la coglie in fretta è ancora in grado di dettare delle condizioni, ad esempio la sua immunità personale e della sua famiglia.
12019