Se si voleva parlare con Francesco Nucara la domenica di ferragosto potevi tranquillamente fare il numero della sede del Pri di Reggio Calabria. Rispondeva lui direttamente anche quando era segretario nazionale. La sede di Roma non poteva tenerla aperta ma quella di Reggio se l’apriva da solo e potevi stare tranquillo che lo faceva. Per quanto Francesco fosse legato a filo triplo alla sua famiglia, amasse la moglie teneramente e con lei i figli di cui era orgogliosissimo ed anche i nipoti che adorava, sacrificava tutti gli affetti davanti alle esigenze di partito. Il suo periodo più cupo, lo sappiamo con documentata certezza, fu il 1992 quando colpito da un avviso di garanzia, la direzione lo sospese e lui non potette partecipare al congresso nazionale di Carrara. Eppure, a Carrara venne lo stesso si chiuse in albergo ed i suoi collaboratori più fidati gli raccontavano di tutti i lavori e se possibile, persino i retroscena congressuali. Del congresso di Carrara sapeva più lui di chi ne era stato alla presidenza. Francesco ovviamente fu poi riconosciuto dalla magistratura estraneo a tutte le accuse. La sua formazione politica si era svolta con Emanuele Terrana negli anni universitari a Roma e poi direttamente alla Cassa del Mezzogiorno. La visione di politica economica di Francesco era interamente legata all’impostazione dettata da meridionalisti come Pasquale Saraceno e Donato Menichella, che ricalcava il modello di agenzie di sviluppo locale avviate negli Stati Uniti durante il New Deal. Per questo anche in età berlusconiana, Francesco era uno dei pochi parlamentari della coalizione di centro destra ad essere scettico sulle proposte di costruire il famoso ponte sullo Stretto. Senza sviluppo industriale e l’opportuna realizzazione delle infrastrutture di base, un ponte non sarebbe servito a niente, mentre al Mezzogiorno mancavano ancora quelle. Soffriva profondamente nel vedere i ritardi nella realizzazione dei lavori dell’autostrada Napoli Reggio Calabria, che considerava una sconfitta della classe dirigente nazionale del paese, prima o seconda Repubblica che fosse.
Del vecchio gruppo parlamentare del partito Francesco fu il primo a sostenere la segreteria nazionale di Giorgio La Malfa eletta nel 1986, proprio per ragioni legate ad una idea dell’intervento dello Stato nell’economia che era comune. L’affetto e la considerazione di Francesco per Giorgio erano profondi e per quando la lunghezza delle vicende giudiziarie lo avessero allontanato dalla politica attiva tra il 1993 ed il 1998, appena vide le difficoltà del partito tornò volentieri alla responsabilità organizzativa nazionale, consentendo una ripresa importante che era via via mancata negli ultimi anni di partecipazione del Pri al centrosinistra. Nucara divenne segretario nazionale perché Giorgio La Malfa scelse di dimettersi dopo le politiche del 2001, mai si sarebbe candidato senza il benestare di Giorgio e subito lo propose come presidente del partito nel consiglio nazionale in cui fu eletto. Gli anni della segreteria nazionale di Francesco Nucara dal 2001 al 2014 sono troppo recenti e troppo complessi per farne un bilancio politico. Quello che possiamo dire con certezza è che nel momento di maggiore crisi del partito, Francesco antepose a tutto le ragioni della continuità della esistenza del Pri. Per quanto fosse legato a Berlusconi anche personalmente, Francesco Nucara gli disse tre no che compromisero ogni possibile relazione futura. No allo scioglimento del partito, no alla rinuncia del simbolo, no alla rinuncia a partecipare a competizioni elettorali in autonomia. Fra tutti coloro che portarono a Berlusconi la loro bandiera e si misero a ballare sul palco del partito unico berlusconiano, non c’era Francesco Nucara. Grazie a lui, la bandiera del partito rimase al suo posto.