L’intervista di Carlo Calenda al Corriere della Sera è degna di una certa attenzione, anche perché non c’è nessuna fretta di concorrere alla semplificazione della vira politica nazionale una volta sciolto il terzo polo. La legislatura è a metà percorso ed il governo dovesse cadere nei prossimi mesi sarà per implosione interna, non certo perché potrebbe perdere le Regionali. E comunque bisogna pensare alle elezioni regionali per dare un’amministrazione locale decorosa ai cittadini, non per battere il governo nazionale. Poi Calenda non ha mostrato nessun entusiasmo per la via referendaria intrapresa dalle opposizioni. Siamo un regime parlamentare il referendum si consiglia su grandi temi dei diritti civili, non sulle leggi ordinarie dello Stato. Sulla base dei recenti dati di partecipazione al voto il quorum potrebbe non venir raggiunto. In questo caso l’opposizione si sta imbarcando in una avventura fallimentare che darà fiato al governo proprio nel momento peggiore che quello attraversa. Senza contare i dubbi sull’ammissibilità costituzionale del quesito, non quelli di Calderoli, quelli di Magi.
La questione referendaria politicamente è ancora più complessa. Se parte del governo è storicamente centralista e la legge sull’Autonomia delude le Regioni del sud amministrate da Forza Italia o gli esponenti di quelle Regioni, come Miccichè, che si sono espressi contrariamente alla legge, il partito democratico è erede di una tradizione federalista tale che il senatore Todini si è già dissociato dal referendum. Per non dire dello stesso movimento 5 stelle. Conte promosse la legge che ora vorrebbe cancellare. A conti fatti non c’è terreno peggiore di quello referendario su cui cimentare una qualche possibile prova di forza con il governo.
Perché allora non aprire un tavolo delle opposizioni e iniziare a confrontarsi su un progetto di programma alternativo ad un governo tanto squalificato come l’attuale? Calenda non ritiene possibile un passo del genere, per lo meno in questa fase. Una parte dell’opposizione ha votato come una parte del governo, contro la Commissione europea, per cui non si capisce in realtà come possano pensare di stare insieme forze che condividono l’agenda della Commissione e altre che vagheggiano non si sa quale idea d’Europa. Un programma comune dell’opposizione dovrebbe avere per lo meno la medesima impostazione politica europea, altrimenti non si è credibili già dal primo momento. La questione internazionale concerne due conflitti in corso e all’interno dell’opposizione abbiamo chi vuole il dialogo con la Russia comunque e nonostante tutto e al contempo chiede di ritirare l’ambasciatore italiano da Tel Aviv e nell’ora più difficile della vita dello Stato ebraico, da più di cinquant’anni a questa parte. Piuttosto bisognerebbe chiedere al governo di piantarla con il dire stupidaggini sulle olimpiadi e sull’Ucraina perché in questo modo rende insulso anche il suo ruolo di interlocutore nella crisi mediorientale. Se domani il governo si riprendesse dagli scivoloni compiuti nelle ultime settimane, bisognerebbe apprezzarlo esattamente come Calenda lo apprezza sulla riforma della Giustizia.
Una strada tanto tortuosa e complessa come quella che si presenta invoglia ad una qualche scorciatoia, ad esempio quella imboccata da Renzi. E oggi Renzi si ritrova sotto schiaffo del movimento cinque stelle cosa che si comprende. Renzi ha una posizione di politica internazionale che si incrocia con quella del Pd. Oggi come oggi. questa questione internazionale è dirimente per tutta l’opposizione. Domani le cose possono anche cambiare in meglio sia in Israele che in Ucraina. Hamas e i russi sono in difficoltà, vediamo di non aiutarli. Una distensione sui principali scenari di guerra renderebbe più facile la collaborazione politica anche in Italia. Resterebbe il problema di come chi sostenendo la Commissione di Bruxelles, si ritrovi accanto a chi l’avversa. Il programma che serve all’Italia è quello che converge con quello dell’Unione europea..