La tesi della maggioranza di governo, dotata com’è di analisti formidabili, è che in Sardegna destra e centro della coalizione hanno aumentato i voti delle politiche, tanto che c’è già persino chi con sussiego sostiene che in vero, Fratelli d’Italia ha vinto le elezioni. Dal 4 per cento che aveva è passata al 14. E anche se questo successo è avvenuto a discapito degli alleati, in pratica cannibalizzati, poco male. La coalizione nel suo complesso sfiora il 50 per cento, quando Pd e 5 stelle con tutte le loro liste civiche di supporto sono appena sopra ill 40 per cento. Insomma, un nuovo trionfo meloniano.
Si capirebbe fossimo ancora in un sistema proporzionale puro, o, per lo meno non avendo più il sistema proporzionale, il governo si fosse preoccupato di abolire il voto disgiunto, in maniera da impedire che si dileguassero quasi 9 punti percentuali al loro candidato governatore. Invece, il governo propone una riforma costituzionale che introduce un cosiddetto premierato, ovvero una elezione diretta del presidente del consiglio, proprio sul modello dell’elezione diretta del presidente di Regione. Così che quando il presidente De Luca piomba a Roma a Palazzo Chigi segga un parigrado capace di fronteggiarlo. Resta la domanda se, oltre alla modifica del testo costituzionale, il governo ha pensato per caso anche alla legge elettorale che dovrà accompagnarla. Vogliono separare le schede per eleggere le Camere da quelle per eleggere il presidente del Consiglio, o pensano ad una scheda unica, dove magari si può votare un candidato diverso dai partiti che lo sostengono? Visto il risultato della Sardegna sarà bene proporre una scheda unica suscettibile di ben poche elucubrazioni, sempre che vi riescano,
Per la verità, quello che manca alla riflessione degli ottimi analisti governativi è il modello di riferimento necessario per una una riforma costituzionale. Nel secolo scorso Craxi chiedeva una Grande Riforma sul modello francese, dove il principale obiettivo era quello di unificare la sinistra italiana come aveva fatto Mitterand. Se si capisce con esattezza la ragione per la quale Meloni e compagni chiedono il premierato, lo hanno detto loro, è per rendere il governo più forte e più stabile, cosa che significa che il loro governo non è né l’uno, né l’altro. Allora, se si ritiene che l’unica via possibile per ovviare a tale inconveniente è l’elezione diretta del presidente del Consiglio servirebbe un modello da importare che non c’è. Il premierato esiste in Inghilterra dove non si vota nessun premier, si vota un partito ed i partiti inglesi sono gli stessi dal 1700 nel numero di tre. La loro caratteristica è che il sistema elettorale che sostengono è un maggioritario secco, lo stesso che in Italia è stato già bocciato con sentenza della corte costituzionale. Quando la coalizione di governo comprenderà che non c’è premierato possibile senza il maggioritario all’inglese, sarà troppo tardi, in quanto il premierato presuppone un solo partito al governo, non una coalizione. Ovviamente, anche in Inghilterra è accaduto che occorresse una coalizione di due partiti al governo, ed in quel caso il premierato era debole, figurarsi cosa sarebbe con quattro.
Forza Italia ha appena ricordato Berlusconi al suo congresso e Berlusconi aveva più o meno lo stesso intento di stabilizzare e rafforzare il governo, ferito com’era stato dalla crisi del 1994. La sua soluzione era quella di un solo partito di coalizione, il partito della libertà che naufragò proprio per l’opposizione della Lega che mai vi avrebbe aderito. Per realizzare il premierato basterebbe che Salvini, Tajani e Meloni si fondessero in un solo partito esattamente come ambiva fare Berlusconi, senza bisogno di toccare più la costituzione e nemmeno la legge elettorale, Lupi, con i voti che si ritrova potrebbe anche sopravvivere indipendentemente, per lo meno un paio di legislature.
Senza questo, possono riformare quello che gli pare e persino proporre la legge elettorale più monotona o rocambolesca che preferiscono, Avranno sempre un candidato alla presidenza del Consiglio frenato dal resto della coalizione che pure dovrebbe sostenerlo e una inevitabile dispersione elettorale. E quale che sarà poi il risultato, magari vinceranno anche, resterà l’effetto misurato dopo il voto in Sardegna, lo stesso di quando si è morsi da una tarantola. Ci si deprime, si perde il senso dell’orientamento, si sbanda.
pixabey cco