Potrebbe essere benissimo che il motivo presunto di amicizia dichiarato fra Trump e Putin sia dovuto agli affari, come era del resto lo stesso per Berlusconi e Putin. Si tratta di capi di Stato con la particolarità di essere dei miliardari e quindi di avere una qualche predisposizione al denaro che li lega fra loro, indipendentemente dalla politica. Un club privato. Resta il fatto che Putin attaccò la Cecenia sotto Clinton, la Crimea sotto Obama, invase il resto del paese sotto Biden, tre presidenti democratici. Con Bush fu collaborativo e durante la presidenza Trump, restò buonino. Va anche ricordato che Trump appena eletto, amico o meno che fosse, gli bombardò le basi in Siria, perché da queste erano partite dei missili contro Israele. E cosa fece Putin? Un bel niente.
L’obiezione che invece Trump ha mosso a Zelensky, quella di essere uno straordinario piazzista, per cui ogni volta che arriva in America riparte con una qualche decina di miliardi, non è infondata. L’idea di riempire Zelensky di soldi per resistere alla Russia, ricorda la storia che gli inglesi fecero proprio con i russi per combattere Napoleone. Londra metteva i soldi ed i russi i soldati. Il risultato fu che Napoleone vinse per 14 anni. Gli inglesi si liberarono di Napoleone solo quando mandarono le loro truppe in Spagna. Napoleone perse a Lipsia perché quasi la metà del suo esercito era bloccata in Spagna dal duca di Wellington. E quando si ritrovò Wellington a Waterloo quello comandava un esercito più tedesco e belga che inglese. Le armate inglesi erano ancora in Spagna pronte a risalire la Francia da sud. Morale, con il solo denaro non si vincono le guerre, in compenso l’Ucraina sta diventando una potenza militare. Non combatte solo i russi nel Donbass e nel Kursk, ma anche nel Mali e adesso nel Sudan, dove la Wagner, a proposito di nazismo, ha assunto il meno romantico nome di Afrika Korps e ha preso di assalto le miniere d’oro della Regione.
Si è verificata una singolare coincidenza di eventi durante l’incontro fra Trump e Zelensky a ridosso del vertice dell’Onu. Il discorso di Netanyahu che ha rammentato gli accordi di Abramo, favoriti proprio dalla presidenza Trump e l’attacco israeliano a Beirut, di cui non conosciamo ancora gli effetti. L’esplosione si è sentita sino a Teheran e sicuramente se ne sono accorti al Cremlino. Gli armamenti occidentali sanno essere distruttivi senza bisogno di essere atomici e questo ha delle implicazioni profonde. La guerra atomica, non è schiacciare un pulsante. Comporta certe difficoltà operative che le testate convenzionali in possesso degli israeliani e ovviamente degli Stati uniti, non hanno. Sono terribilmente efficaci. Si comincia a Beirut, si può proseguire a Teheran, fino ed arrivare a Mosca, senza che nessuno abbia nemmeno il tempo di usarlo il nucleare. La guerra in Ucraina e quella in Israele, come quella che sta accendendosi in Africa, non sono due o tre guerre isolate. Sono i diversi fronti della stessa guerra che misura l’occidente contro il bipolarismo russo, intesa a rimettere la Russia ed i suoi alleati al loro posto gregario. Sotto questo profilo, quali siano le sue simpatie e le sue amicizie, Trump sarà comunque chiamato a fare la sua parte, mai venisse rieletto ed anche nel caso che non lo fosse.
In uno scenario tanto problematico ed articolato, spicca il governo italiano che non si accorge di niente. Non solo che il piano Mattei è risibile, ma lo è ancora di più la voce grossa della Lega, basta con le armi. Come se fosse l’Italia ad armare l’Ucraina. Anche se il ministro Tajani gonfia il petto per la seconda batteria samp t che invierà a Kyiv, Kyiv potrebbe tranquillamente ringraziarlo e restituirgliela imballata. A Kyiv servono armi a lungo raggio con la potenza di quelle impiegate da Israele. Oppure un amico sincero di Putin che lo chiami al telefono e gli dica, guarda, fino adesso, abbiamo scherzato. Sai, i democratici, dalla candidatura di Bob Kennedy, sono dei bonaccioni.
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