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La Russia ridotta ad uno Stato canaglia

Riccardo Bruno di Riccardo Bruno
20 Febbraio 2023
in L'editoriale
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A pochi giorni da un anno dall’invasione in Ucraina, Putin è costretto a viaggiare per la Russia su un treno blindato più o memo come lo Strel’nikov del “Dottor Zivago” di Boris Pasternak. Strel’nikov fermava il suo treno e cannoneggiava un villaggio della steppa, Putin da un anno bombarda tutto quello che può colpire. La guerra che ha scatenato è come quella civile del 1917, con la particolarità che allora molti ucraini guardavano alla Russia sovietica come una speranza. Quando l’armata Rossa arrivò a Kiev, le difese cosacche della città si dissolsero in cinque minuti esatti. Tutte le bande nazionaliste svanirono nel nulla, rimasero solo quelle zariste concentrate in Crimea. Sono passati cento anni di storia in cui l’Ucraina fu ridotta al cannibalismo, ebbe dieci milioni di morti tra il 1920 ed il 1933, subì il sacrificio della seconda guerra per poi essere costretta alla miseria degli anni ’50 e ’60 e ancora al reclutamento forzato in Afghanistan. Infine, altri dieci anni di miseria dove i russi ti passano comunque davanti, perché un russo è da sempre preferito ad un ucraino. Gogol voleva essere russo, mica ucraino. Perché mai stupirsi se dal 1991 gli ucraini scelgono il modello occidentale, vogliono entrare nell’unione europea e magari persino nella Nato? È quanto hanno fatto tutti i popoli del patto di Varsavia una volta liberi dal comunismo. Ma gli ucraini non sono polacchi, o slovacchi e nemmeno lituani, sono russi, di serie b, ma russi. Peccato che loro non si sentano più tali. Si sentono solo ucraini e odiano i russi oggi molto più di quanto li odiassero un anno fa.

Un cittadino occidentale dovrebbe capire facilmente lo stato d’animo ucraino. Chi di noi possiede in casa anche un solo manufatto russo? E chi mai la mattina desidera andare a comprare un qualche prodotto, un vestito, delle scarpe, un orologio, un’auto, fatto in Russia? Escluso il fucile d’assalto A K47, il famigerato kalashnikov, non c’è un articolo di successo della Russia nel mondo che sia uno e comunque l’AK47, dagli anni ’80 è stato ampiamente soppiantato dalle Uzi israeliane. La Russia è ricca di materie prime, ma non è capace di una qualche economia commerciale, perché la sua industria è rimasta sostanzialmente quella staliniana del 1940. Venti milioni di persone nel settore bellico che non è nemmeno più all’avanguardia come lo era ai tempi dello stalinismo. Non hanno tecnologicamente sviluppato niente i russi, non sanno cosa sia l’innovazione, siedono sul gas, il petrolio, i diamanti, persino peggio degli emiri arabi.

I vecchi bolscevichi dopo il ritiro dall’Afghanistan compresero che avrebbero dovuto mollare il potere. Se ne rendevano conto perfettamente avendo misurato il loro arsenale obsoleto, incapace persino di piegare un popolo di pastori. La Cina domani potrebbe ancora diventare una super potenza militare, sempre che i rigurgiti anticapitalistici non alimentino il sistema di corruzione che ha fatto sprofondare ulteriormente l’Unione sovietica. I generali russi, i soldi per l’ammodernamento dei sistemi di combattimento se li sono messi in tasca. Per questo i russi in un anno, secondo l’intelligence britannica, hanno svuotato gli arsenali al 90 per cento. Metà delle bombe lanciate sull’Ucraina, fanno cilecca. Ma il vero dramma dell’esercito di Putin è che non assomiglia per niente all’armata rossa, semmai a quella bianca, dove i generali litigavano fra loro e si detestavano cordialmente. Il ceceno Kadirov è odiato dai generali russi che continuano ad alternarsi al comando, mentre Kadirov disprezza Prigozin, il comandante della Wagner, e Prigozin vorrebbe volentieri sbarazzarsi di tutti loro, incluso Putin di cui era il cuoco personale e da cui viene trattato con sufficienza.

Una ripresa delle sempre più rare apparizioni pubbliche di Putin ha già fatto il giro del mondo. In essa si vede come il dittatore non riesca a trattenere il tremolio di un piede. È un sintomo che inizia sempre dal proprio corpo e poi si estende all’intero paese quando lo si è ridotto ad uno Stato canaglia.

Tags: PrigozhinPutin
Riccardo Bruno

Riccardo Bruno

Riccardo Bruno si è laureato in Storia della Filosofia presso l'Università di Roma La Sapienza nel 1988. Dal 1987 al 1989 collabora all'Ufficio esteri del PRI diretto dall'onorevole Vittorio Olcese. Dal 1994 è capo ufficio stampa del PRI, dal 1995 giornalista professionista iscritto alla stampa parlamentare. Nel 1999 è capo redattore de La Voce Repubblicana. È stato poi editorialista per il Foglio di Giuliano Ferrara e l'Indipendente di Vittorio Feltri. Dal 2019 è prima vice direttore de La Voce Repubblicana e poi direttore politico

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