Ora che si riapre l’Unità, cosa che se oltre al voluto non peserà sulle tasche degli italiani, può solo far piacere, il futuro direttore, Piero Sansonetti, già mette insieme due pacifisti, Aldo Capitini e Gandhi con Antonio Gramsci. Le nuova costellazione ideale del quotidiano. Si capisce che non si possa riprendere la vecchia vulgata del partito comunista di “Longo, Togliatti, Gramsci, Berlinguer”. Più nessuno ricorda Longo e Togliatti, mentre di Berlinguer si parla a mezza bocca, dopo che il partito comunista lo si è lasciato rifondare a Bertinotti. Gramsci va invece salvato, è il martire dell’antifascismo. Anche se in verità, quello era Matteotti.
Gramsci, Mussolini lo voleva spedire in Russia in omaggio a Stalin, che proprio non ne voleva sapere. Era un trotskista, Gramsci. La domanda è come sia stato possibile non capirlo fin dalla sua critica della burocratizzazione del partito che altro non è che la “Rivoluzione tradita” di Trotskij. Togliatti diceva che le masse avevano sempre ragione, ma doveva pensare che fossero tonte. Povero Gramsci. I compagni di partito gli sputavano persino nel piatto in cui mangiava in carcere. Quale sarebbe quindi l’eredità lasciata da Gramsci alla sinistra italiana? La menzogna con cui si è ignorato la sua prospettiva del socialismo legata alla Terza Internazionale? Oppure l’ammirazione per una visione politica che il partito comunista, succube della Russia sovietica, aveva messo all’indice? E soprattutto, Gramsci può venir riscattato nel momento nel quale si è messo da parte il vecchio baraccone del Pci, che pure contribuì a fondare? E, che razza di riformismo può essere uno che si rivolge a Gramsci?
Gramsci, è ancora oggi sicuramente il miglior marxista leninista recuperabile sul mercato. La sua dottrina dell’egemonia, quando la dittatura l’esercitava qualcun altro dal proletariato, è per lo meno realista. Due sole obiezioni entrambe ai suoi quaderni su il Risorgimento. La rivoluzione francese non è come scrive, “l’alleanza fra i contadini delle campagna e gli operai delle città”, che sciocchezza. Perché i contadini nelle campagne divengano repubblicani bisogna sterminarli in Vandea, mentre gli operai nelle città erano talmente pochi da contar quasi niente. E poi, come si fa ad accusare Mazzini di non aver convocato la piazza d’armi a Roma nel ’49? Mazzini l’aveva convocata eccome, solo che con maggiore senso politico di Gramsci non crede che la Repubblica romana possa sconfiggere, sola com’era la Francia, i Borboni e gli austriaci tutti in una volta. Tolto questo, le altre strampalerie di Gramsci, come “le casematte dello Stato”, gli “intellettuali organici”, le lasciamo volentieri ai suoi estimatori.
Piuttosto davvero non si capisce cosa c’entri Gramsci con Aldo Capitini, uno contrario non al marxismo leninismo, ma proprio all’idea di partito in quanto tale. Capitini, personalità formidabile nella storia d’Italia, merita davvero la pena di voler recuperare il suo impegno ed il suo pensiero, anche rispetto a chi crede che l’antifascismo lo rappresenti Benedetto Croce. Volete un sincero antifascista autentico? Aldo Capitini, infatti, caso strano, nessuno lo ricorda mai abbastanza. Non fosse proprio l’equivoco di Capitini su Gandhi. Il pacifismo di Gandhi va letto interamente in polemica con l’impero britannico, per cui il pacifista Gandhi diventa un ammiratore di quel Mussolini che Capitini avversa. Questo è il problema delicato con Capitini, l’assenza completa di visione della politica internazionale, comprensibilissimo in chi si trova pur sempre sulla soglia del carcere. Purtroppo Sansonetti che vuole far sposare la causa pacifista alla signora Schlein, ha già replicato il medesimo errore e pure nemmeno Hitler minacciava Capitini, come Putin minaccia tutti noi. Non gli basta l’Ucraina, la Polonia, la Georgia, il Kazakistan. Putin sta facendo saltare persino il Sudan.
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