Il marxismo russo anche se corretto dalla mentalità di un maniaco criminale come Lenin, era pur sempre l’unico contatto avuto da una classe dirigente orientale con un derivato del pensiero razionale dell’occidente. Marx per quanto fosse allievo di Schelling oramai filosofo della Rivelazione, manteneva i rudimenti della logica dell’idealismo tedesco. Prima di Marx il riferimento intellettuale, si fa per dire, dello zarismo era il monaco Rasputin. Caduta l’Urss, la cricca di Putin ha un ancoraggio nel mistico Dugin che è molto più lontano dalla realtà di quanto fosse Rasputin, che era principalmente un ladro ed un imbroglione. Dugin è invece davvero plausibile che creda alle idiozie che scrive. Questo misticismo d’accatto russo si somma a quello ben più sperimentato del radicalismo islamico e la miscela è tale che il mondo viene trascinato su un precipizio.
Lo televisione la Sette è impegnata in uno sforzo straordinario della ricostruzione storiografica del secolo scorso, con il suo programma pressoché quotidiano, “C’era una volta il Novecento”. Qualche giorno fa affrontando la crisi dei missili a Cuba, nonostante raccogliesse le testimonianze di convenienza degli ammiragli sovietici, la verità è venuta fuori tranquillamente. La Russia allora aveva tre obiettivi atomici raggiungibili, Washington, Chicago e New York, gli Stati Uniti settanta. Questa era l’esatta ricostruzione dei termini del possibile conflitto nucleare che ha tenuto tutti con il fiato sospeso nell’ottobre del 1962 e la trasmissione della Sette non ha nemmeno dato approfondimenti sul fatto che una parte dell’arsenale atomico statunitense era dislocato da questa parte dell’Atlantico, quando la Russia sperava ancora di portare le sue testate a Cuba. Meno male che Crusciov ha avuto a cuore le sorti dell’umanità. Mai non le avesse avute, la Russia sarebbe scomparsa perché vai a sapere se le tre testate sparate da Mosca non sarebbero potute essere intercettate. Possiamo invece escludere che le difese russe potessero intercettarne settanta. Questo era quando l’Unione sovietica era una grande potenza guidata da qualcuno capace di ragionare, che sapeva piegare l’Ungheria in pochi giorni e rinunciare in 48 ore al sogno caraibico di minacciare gli Stati Uniti. Un’Unione sovietica che non si faceva armare da Pyongyang, piuttosto era l’inverso e che guarderebbe con orrore a quello che succede ad Advinka, nel Donbass, dove i suoi successori hanno perso cento carri armati in otto ore, come quando la Russia venne invasa dalla Germania nazista. Invece qui si tratta solo della mera Ucraina, quella che Crusciov teneva schiacciata fra il pollice e l’indice della sua mano destra.
Putin, bisogna riconoscerlo, ha dimostrato una longevità sorprendente, forte di un sistema di sicurezza personale che nessun leader sovietico era riuscito a costruire intorno a se, tale da resistere alle duecentomila perdite subite nella sua “operazione speciale”, e soprattutto alle fosche previsioni dell’economia russa, soffocando il malcontento degli stessi oligarchi. In più, sfotte pure. Se Biden, pensa che ho già perso, ha detto il voz, alle televisioni di regime, perché invia nuove armi a Kyiv e non viene a prendere il te da noi? Nonostante tanta esuberanza fa un certo effetto vedere un capo di Stato russo girare con la valigetta nucleare al polso. I cinesi da cui si è recato si sono sprecati in salamelecchi e Putin e Lavrov hanno raccontato l’accoglienza trionfale ricevuta per filo e per segno. Su quello che invece dovevano essere gli accordi commerciali, gas, grano, silenzio tombale. Una Russia aggrappata al prezzo del petrolio, che in effetti tira. quando tutto il resto va ha ramengo, ha più un solo partner autentico nella Corea del Nord e deve pure ringraziale. L’Iran aiuta, ma ha limii religiosi, per il resto è omaggiata da Stati nanetti. I cinesi si godono questo spettacolo del loro nemico più antico, l’impero russo che vagheggia Putin è quello che occupò la Manciuria già nel 1646, ridotto con l’acqua alla gola. Pechino darà una mano ai russi solo per spingerli a fondo, questo lo insegna proprio la storia del ‘900 quando il presidente Mao raccomandava di “bastonare il cane che annega”.
Putin deve anche stare attento a come si muove sul piano mediorientale, con tutti gli ebrei russi che sono in Israele e le relazioni che mantengono ancora con il paese d’origine, gli manca solo che esploda una questione ebraica. In quel caso la valigetta gli sarà utile, se non altro, visto la spesa ridicola con cui crede di mantenere un arsenale atomico del 1950, per farsi saltare in aria.
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