Sin dalle prime parole del discorso al Senato del presidente del Consiglio si è compresa la ragione di chi ha ritenuto di aprire la crisi di governo, ovvero per “rispondere ad una umiliazione”. Infatti Mario Draghi sin dal suo insediamento nel febbraio 2021 fece esplicitamente riferimento allo “spirito repubblicano” del Governo, che si sarebbe poggiato sul presupposto dell’unità nazionale. L’unità nazionale era considerata come la miglior garanzia della legittimità democratica del nuovo esecutivo e della sua efficacia.
Un Presidente del Consiglio che non si è mai presentato davanti agli elettori dovrebbe sentire necessariamente il bisogno di disporre in Parlamento del sostegno più ampio possibile. Un presupposto indispensabile in un contesto di emergenza, in cui il Governo deve prendere decisioni che incidono profondamente sulla vita di tutti i giorni degli italiani, persino nell’ambito delle abitudini private.
In altre parole il governo Draghi ha creato i presupposti per tutto quello che non era stato il governo precedente al suo.
L’umiliazione subita a cui ci si è riferiti dipendeva dalla stessa rottura avvenuta, dal cambio di passo e di prospettiva, dal fatto che lo spirito repubblicano, nei due precedenti anni di legislatura, il governo se l’era messo sotto i tacchi. Tanto più che con il potere legislativo concentrato nel solo gabinetto ministeriale, per non dire a Palazzo Chigi, non si conosceva mai l’urgenza dei provvedimenti, sempre in ritardo sugli eventi, mentre l’amplissimo consenso di cui il Governo Draghi ha goduto in Parlamento si era dimostrato alla base della “tempestività” decisionale che il Presidente della Repubblica aveva richiesto proprio dopo il fallimento del governo precedente.
Questa è la cornice di quanto avvenuto per la quale chi era responsabile del disastro precedente a Draghi poteva solo rientrare nei ranghi con l’umiltà di chi deve farsi perdonare, nel caso migliore, errori clamorosi e devastanti con un sostegno leale ed oscuro. Invece niente da fare. chi ha sbagliato clamorosamente decisioni, uomini e cose, vuole continuare a salire in cattedra per fare lezione.
Bene è ora di scegliere una volta per tutte di chi il paese debba liberarsi e chi invece debba sostenere ancora. Non c’è un solo dubbio su questo. Le manifestazioni che vi sono state in questi giorni, gli appelli, i commenti internazionali, sono il segnale preciso di cosa l’Italia non può che continuare a fare e chi deve abbandonare rapidamente ad un oscuro destino. Non ci sarebbe nessun problema. Purtroppo un partito coprotagonista che innesca la crisi ha effetti sugli altri coprotagonisti, non meno inutili di lui. Draghi è stato chiamato al posto in cui si trova, quando altri si illudono di conquistarlo sulla base delle proprie visioni, spesso dimostrate fallaci, della realtà nazionale ed internazionale. Ecco quindi i partiti che in Senato prima del voto di fiducia si faranno un paio di domande sulle loro ambizioni politiche. Se i partiti tutti ed i loro leader sono disposti a una qualche contrizione di rilievo, l’Italia avrà ancora un governo degno di questo nome, chiamato Draghi. Altrimenti prepariamoci alla solita rissa di polli nel pollaio a cui assistiamo da decenni.