Grazie a Federico Rampini, un conoscitore profondo della Cina contemporanea, sappiamo di un saggio appena pubblicato del .professore ordinario, Università di Macao, Pan Wei sul ritorno di Trump alla Casa Bianca. Pan è una delle principali teste d’uovo portate alla ribalta dal presidente Xj e non spende nemmeno una parola sui dazi minacciati, o sulla rivendicazione statunitensi del Canale di Panama, argomenti che sono pure molto sensibili per Pechino. Concentra invece la sua attenzione su un solo aspetto, ovvero quello per cui l’elezione di Trump ricompatterebbe il popolo americano intorno alla sua classe dirigente. Trump, in sostanza, andrebbe considerato non un politico tradizionale inserito negli schemi bipolari della storia americana, ma semplicemente come un outsider.. Donald Trump, prima che un politico, è stato un fenomeno di successo mondiale e questo fin dalla metà degli anni ’80 del secolo scorso. L’incarnazione autentica del sogno americano.
Vi sono alcune affermazioni del saggio di Pan, se proprio vogliamo, prive completamente di senso, come quella sull’establishment democratico che sarebbe legato all’esercito, quando quello repubblicano non avrebbe mai intensificato le guerre, preoccupato solo di finirle. Il presidente Jackson, quello che probabilmente più ricorda Trump per spregiudicatezza, fu prima democratico e poi repubblicano, sempre militare dalla testa ai piedi, tranne che durante il suo mandato. Lincoln, repubblicano, fece un governo esclusivamente militare, trascinando la nazione in una guerra civile lunga quattro anni. Poi gli spararono a teatro e lo presero in pieno. Militari di carriera furono i presidenti repubblicani Grant e Eisenhower. George W. Bush Jr, non era un militare, eppure condusse l’America in Iraq, quando il democratico Carter non seppe muovere nemmeno un soldato nella crisi in Iran, la più grande catastrofe della politica internazionale statunitense della storia, quella, non il Vietnam e consumata interamente sotto il suo unico mandato. Per cui l’analisi di Pan può giusto attribuirsi e parzialmente, al presidente Kennedy, o a Taylor che ebbe un brevissimo mandato nel secolo precedente. Né Wilson, né soprattutto Roosevelt, entrambi democratici, avrebbero, potendo, mai partecipato ad una guerra iniziata da altri. Clinton era un suonatore di sassofono, ed Obama si è ritirato da ogni possibile scenario bellico in corso, anche se autorizzò una guerra aerea in Libia. Abbiamo tutto ed il contrario di tutto, tranne i rari casi in cui si riconoscano i presidenti descritti da Pan. Evidentemente il significato di questo passaggio dello studio del professore si rivolge esclusivamente a Trump che oltre ad essere giudicato un repubblicano sui generis, viene inserito in un paradigma di pace a prescindere.
Se il testo cinese rappresenta un segnale dell’approccio che la presidenza Xj vuole avere verso gli Stati Uniti, questo è distensivo. Il che presuppone di non pretendere un’interpretazione della politica di Trump dai suoi primi passi e dalle sue sparate, anche perché il personaggio si presta a prese di posizioni volte a scioccare l’universo mondo. Al contrario, i cinesi intendono definire la nuova presidenza Usa all’interno delle proprie intenzioni. La Cina resta l’ultima grande nazione dottrinaria sul pianeta. Stabilisce prima una politica a priori e poi si preoccupa di realizzarla. Il che non significa necessariamente anche veder bene e tantomeno avere successo. Certo è che questa impostazione è l’esatto opposto di quella dei paesi europei, dove, appena un presidente statunitense non si comporta prevedibilmente, tutti perdono la testa.
Questo è quanto successe con Nixon nel 1973. Dick voleva estendere e rafforzare la sicurezza atlantica e l’Islanda si trovava tutta intenta in una guerra per le sardine con l’Inghilterra. Il resto dell’Europa gli volse le spalle. Allora la posizione cinese venne espressa alla perfezione e sorprendentemente, dal capo del governo di Singapore, Lee Kuan Yev al sottosegretario Kissinger, “non riesco a credere che per una questione morale si possa far crollare il pilastro su cui si regge il mondo libero”. A Pechino Ciu Enlai la pensava uguale, solo che, come si comprenderà, non poteva dirlo. Disgraziatamente, o meno, gli occidentali sono sempre stati un po’ di tutto, tranne che confuciani.
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