L’estensione dell’articolo 5 della Nato, proposto dall’onorevole Meloni all’Ucraina, in luogo di un ingresso formale, significherebbe, nelle attuali condizioni, la guerra diretta con la Russia. L’articolo 5 stabilisce i principi di difesa collettiva dell’Alleanza per cui un’aggressione di un paese terzo viene recepita come comune per tutti i membri imponendo una misura difensiva. Il governo dell’onorevole Meloni che non vuole mandare i soldati italiani in missione di pace, sarebbe obbligato a inviarli a combattere nel caso di una continuazione degli attacchi da parte della Russia. L’importante in politica è capire cosa si sta proponendo.
Se non è chiaro se il capo del governo italiano sia pienamente consapevole della sua proposta, decisamente confuse appaiono le intenzioni del presidente degli Stati uniti riguardo la Nato. Un pieno disimpegno dell’America dalla Nato non è di facile realizzazione, tuttavia, l’argomento sollevato della condivisione delle spese militari, potrebbe portare ad un ridimensionamento della presenza statunitense in Europa, con tutto quello che ne conseguirebbe in termini di armamenti. Per questo ha perfettamente ragione il presidente von der Layen che vuole un aumento delle spese militari per i singoli paesi europei. Soltanto che servirebbe anche definire un ponte di comando unitario, capace di organizzare la spesa, altrimenti con la dispersione di risorse, si aggiunge la difficoltà di integrarle fra loro funzionalmente. La questione del comando unitario dovrebbe essere preliminare e stabilita subito. Degli eserciti a diversa operatività, che non sanno correlarsi fra loro, servirebbero a poco o a niente. Clausewitz li riterrebbe propedeutici ad una disfatta. Finché c’è una leadership politica americana, meglio tenersi la vecchia Nato.
Un processo di ridefinizione degli equilibri della Alleanza Atlantica e di riarmo dei paesi europei membri, richiederebbe almeno un periodo di pace, non il rischio di doversi confrontare con un nemico alle porte, come pure sta accadendo. Nel caso disgraziato in cui il tavolo della pace di Trump, che ancora non si vede, fosse destinato al fallimento, la proposta dell’onorevole Meloni porterebbe direttamente l’Europa all’intervento in Ucraina, in una condizione a dir poco non ottimale, mai gli americani si distaccassero, anche solo parzialmente.
La promessa di pace di Trump è già fuori tempo massimo e non perché gli ucraini sono ostinati, ma perché i russi non hanno fatto la guerra tre anni per ottenere il venti per cento del territorio di quel paese. Non si capisce come Putin possa giustificare il fallimento in Ucraina accompagnato dal ritiro in Siria. Se Putin smettesse di combattere, in una situazione in cui ha perso, anche solo un lembo del Kursk, apparirebbe persino più debole di Zelensky. Questo è il paradosso della pace di Trump, l’umiliazione della Russia. L’Ucraina che ha resistito fa un figurone.
La politica della Casa Bianca di questi primi due mesi, sembra nel panico più inquietante. I licenziamenti di Musk, hanno già dovuto innescare la marcia indietro. Poi, il governo statunitense ha tutto il tempo per correggersi, sui dazi soprattutto farà meglio a ripensarci. Un errore di valutazione in Ucraina potrebbe causare grane anche peggiori. Ciononostante, fino a quando la politica militare europea non sarà definita, e singoli governi come l’Italia chiedono di applicare articoli come il quinto a paesi aggrediti, è il caso di tenere i nervi saldi e non rompere con l’America. Bisognerà pur evitare di ritrovarsi con le braghe in mano.
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