Per ritrovare uno sconquasso simile a quello verificatosi nelle forze politiche italiane ieri a Bruxelles, bisogna risalire alla prima guerra mondiale. I liberali governativi passarono dall’alleanza con la Triplice, al neutralismo, per finire all’interventismo anglo francese. I socialisti si divisero in tre tronconi, neutralisti, neutralisti attivi, interventisti. I repubblicani che rimasero interventisti filo francesi dal primo all’ultimo momento, all’epoca c’era anche un partito mazziniano extraparlamentare, non si giovarono della loro coerenza. Finirono schiacciati fra il governo Salandra ed i fasci rivoluzionari. Gobetti scrisse che il partito repubblicano era morto sostenendo la guerra della monarchia sabauda. I radicali. che anche erano interventisti ma molto più tiepidi e defilati, iniziarono il loro declino.
La situazione di oggi appare persino più complessa di quella di allora. A Bruxelles non si trattava di entrare in guerra, ma solo di decidere sul riarmo europeo, un’esigenza imposta dalla stessa partecipazione alla Nato e molti paesi, tra cui il nostro, sono inadempienti. Il voto di Bruxelles testimonia che non sono gli americani a voler uscire dalla Nato, ma le forze politiche che hanno contestato la proposta della von der Layen. Non fosse sufficiente lo scontro sul riarmo, la mozione a sostegno all’Ucraina ha registrato il disimpegno del partito di maggioranza relativa che pure fino a ieri era stato o per lo meno si era proclamato, il grande campione di Zelensky. Un simile clamoroso voltafaccia è stato spiegato dal presidente del conservatori europei Procaccini, dicendo che non si voleva aprire una polemica con la presidenza Trump.
Una dichiarazione completamente priva di senso. A parte che non si capisce la ragione della polemica con Trump, che in quelle stesse ore rivendicava di aver dato i missili javelin all’Ucraina, una delle armi principali per la resistenza sul campo contro i russi, l’America ha assunto un ruolo di mediazione che non riguarda in nessun modo l’Italia. L’astensione del governo italiano non era un modo per compiacere Trump, ma uno per compiacere Putin. Soprattutto consente di mantenere il legame con Salvini evitandogli un doppio voto contrastante. Fratelli d’Italia sul riarmo è d’accordo con Forza Italia, mentre sull’Ucraina con la Lega. L’equilibrio del governo è salvo, anche se incapace di esprimere una qualsiasi linea politica.
Per essere in sintonia con l’Unione europea servirebbe un gabinetto che si riconosca nella proposta von der Layen e nel sostegno all’Ucraina. Non è affatto detto che il piano di pace di Trump vada in porto e che l’Ucraina non richieda un impegno superiore a quello dato finora,, come sta prospettando il premier britannico. E anche sull’iniziativa di Starmer, il presidente Meloni si è tirata indietro.
Da decenni c’è chi scommette sulle spaccature dell’occidente, una scommessa in verità piuttosto vincente, soprattutto nei momenti cruciali della storia, l’occidente può traballare, eccome. Le democrazie discutono sempre al loro interno e si dividono. In questo caso prima che si spacchi l’occidente si è spaccato il governo italiano ed il partito di maggioranza relativa ha cambiato campo.
Museo del Risorgimento mazziniano genova