Molto opportuna cade la pubblicazione di un libro di Jean-Luc Marion su Pascal (Ciò che vede il cuore. Pascal e la distinzione degli ordini, tr. it. di A. Frigo, BookTime, Milano 2023, pp. 103), quest’anno che si è celebrato il quarto centenario della sua nascita. Come indica il sottotitolo, rispetto alla nota distinzione cartesiana fra res cogitans e res extensa, fisica e metafisica, corpi e menti, l’intenzione del filosofo e matematico francese è quella di superare i due ordini, subordinandoli a un terzo, l’ordine del cuore: quel cuore che, in quanto è promotore dell’istanza della carità, «ha le sue ragioni che la ragione non conosce», come recita una tra le più famose riflessioni tratte dai Pensieri. In tal senso, in un’altra riflessione tratta da questi ultimi – riflessione che, come scrive il traduttore nella sua prefazione, contiene in sé «il principio architettonico stesso di tutta la riflessione di Pascal» –, leggiamo: «Tutti i corpi insieme e tutte le menti insieme e tutte le loro produzioni non valgono il minimo moto di carità. Ne va di un ordine infinitamente più alto. […] Da tutti i corpi e le menti non si saprebbe trarre un moto di vera carità. Ciò è impossibile e di un altro ordine, soprannaturale».
Pascal riconosce senz’altro a Cartesio il merito di aver distinto il pensiero dall’estensione, cosa che quasi nessuno dei filosofi prima di lui avrebbe fatto con pari chiarezza. Dove però non lo segue affatto è a proposito delle prove dell’esistenza di Dio: a quest’ultimo si accede, infatti, non attraverso deduzioni razionali, ma solo amandolo. Scrive Marion: «Per Pascal, nel caso di Dio l’ego deve pensare secondo la modalità della volontà, e della volontà che esercita l’amore». È così che ciò a cui, innanzi tutto, punta Pascal è a «riportare la teologia cristiana al suo vero ambito – quello della carità – e al suo vero problema – la conversione del cuore». In tal senso, la fede e la grazia giocano un ruolo squisitamente epistemologico, in Pascal, tale che ciò che esse promuovono è un metodo di persuasione e di convincimento molto diverso dal concetto di evidenza di stampo cartesiano. Il suo non è, dunque, un rifiuto della ragione in quanto tale, ma solo della versione ordinatrice e calcolante di essa.
Proprio nella distinzione, operata da Pascal, dei tre ordini, Marion riconosce «una sorta di decreto fondamentale del pensiero», tale che «articola […] i termini insuperabili di tutti i nostri dibattiti, politici, teorici (scientifici o metafisici) e teologici». È qui che, secondo lo studioso francese, starebbe l’attualità dell’autore dei Pensieri: ciò che, rendendolo un nostro contemporaneo, fa sì che egli non smetta mai di interrogarci, ponendoci sempre nuove domande.
Rispetto a Cartesio, Pascal inverte anche la gerarchia che quest’ultimo aveva stabilito fra intelletto e volontà, in base al teorema secondo cui quanto più il primo sviluppa pensieri chiari e distinti, tanto più la seconda produce il suo assenso ad essi. Egli è convinto, infatti, che le cose umane non bisogna conoscerle prima di amarle, ma, esattamente al contrario, amarle prima di conoscerle, perché il modo di accedere alla verità si dà solo nel segno della carità. In tal senso, si può dire che i nostri «occhi vedono solo in quanto e nella misura esatta in cui amano». Pascal estende così a tutta la nostra esperienza del mondo quel principio, che regola la lettura dei testi biblici, secondo cui l’unico oggetto della Scrittura è la carità. Come a dire che ogni fenomeno non è visibile, in sé, e svanisce in un fumo di vanità se non si mostra nella forma e nei termini della carità. «Nella prospettiva del terzo ordine, ogni cosa sussiste in base al suo grado di amore, dato o ricevuto».
Marion ne conclude che, per Pascal, Dio, volendo che le verità entrassero nella mente dal cuore, e non viceversa, ha inteso, in tal modo, umiliare quella superba potenza della ragione che, elevandosi sovrana su tutto, pretende di emettere giudizi sulle cose che la volontà sceglie. Ciò che noi dobbiamo sviluppare è, invece, uno «sguardo erotico», grazie al quale le qualità sensibili e le proprietà intelligibili delle cose diventano visibili e significative solo in funzione della densità dell’amore che esse suscitano e rivelano. Sviluppando il discorso di Pascal in chiave fenomenologica, i tre ordini da lui distinti possono essere visti così come altrettanti «punti di vista intenzionali», che corrispondono a tre «orizzonti della fenomenicità del mondo»: nel segno di essi, noi mettiamo a fuoco le cose in quanto, percepite dai sensi, appaiono, in quanto sono pensabili costruttivamente dal pensiero o, infine, in quanto sono un qualcosa di amabile per il cuore.
Foto Pascal, le cœur et la raison | Exposition Blaise Pascal à la Bibliothèque nationale de France | CC BY-SA 2.0