Dal momento che il presidente del Consiglio si trovava in America era il caso di dare un occhio alla Costituzione di uno Stato dove pure il vertice del governo è eletto direttamente e non coincide con un premier, ma necessariamente con un presidente della Repubblica.. Fino alla singolare proposta del premierato, la tradizione riformatrice italiana, da Pacciardi a Craxi, che voleva investire la forma del governo, non proponeva “un premier”, che esiste infatti in una monarchia come quella britannica, ma “una Repubblica presidenziale”, in modo da appoggiarsi ad un modello occidentale sperimentato, quale quello statunitense.
La stessa riforma costituzionale del centrodestra presentata nel 2004 a firma Calderoli era molto cauta a riguardo. Intanto si preoccupava di rimettere a punto il titolo V, su cui era giù intervenuto pesantemente il governo Amato nel 2000, poi preoccupata della stabilità del governo introduceva una procedura di sfiducia costruttiva che nel complesso interveniva limitatamente sul resto della seconda parte della Costituzione, tanto più che, il capo dello coalizione aveva il nome già indicato sulla scheda elettorale, un consiglio, amichevole, al Capo dello Stato. A proposito del Quirinale, l’onorevole Meloni ha appena ribadito di non volerne toccare le funzioni, e purtroppo si sbaglia clamorosamente. L’incarico del presidente del Consiglio da inviare alle Camere, è completamente libero secondo il dettato costituzionale, il capo dello Stato può nominare chi ritiene più opportuno. Se si elegge il presidente del consiglio direttamente, ecco che questa sua prerogativa viene cancellata, così come viene cancellato ogni ruolo del presidente della Repubblica nella scelta del governo, cosa che, per carità, si può anche benissimo proporre, la riforma Meloni non è la prima concepita a questo proposito, è invece la prima nel mancarne la consapevolezza.
Magari la riforma del governo fosse rivolta al solo limitare le funzioni del capo dello Stato. Non c’è nessuna obiezione democratica a riguardo, Ma la proposta della maggioranza, toccando quattro articoli dirimenti della seconda parte della Costituzione, stravolge, tutto il Titolo terzo, ovvero la forma di Governo. Al che tanto varrebbe riscriverla da capo una Costituzione piuttosto che provare vanamente a correggerla, soprattutto in presenza di quasi tremila emendamenti presentati alle Camere. Se la filosofia della riforma è quella che l’onorevole Meloni ha illustrato in soldoni, per cui un presidente del consiglio va scelto dal popolo in prima persona, e bisogna ritornare al voto quando quel presidente viene sfiduciato, questa è cosa perfettamente plausibile per qualsiasi forma istituzionale repubblicana, tranne per una che fa del parlamento e del capo dello Stato, figure istituzionali che sovrintendono il governo. Basta seguire la numerazione dei titoli della Costituzione per capirlo. Primo è il Parlamento, secondo il presidente della Repubblica, terzo il Governo che dipende dai precedenti due. Nulla impedisce di rovesciare i poteri dello Stato come si ritiene meglio, solo che almeno bisogna sapere cosa si sta facendo. Se uno dice, vogliamo il presidenzialismo, ma va bene anche il premierato, è evidente che davvero non ne ha nemmeno una pallida idea.