La seconda visita del presidente del Consiglio italiano a Tunisi in meno di otto giorni questa volta accanto al presidente della Commissione europea ed al premier olandese Rutte, rende l’idea che la prima è stata solo interlocutoria, tale per cui l’Italia non era in grado di offrire garanzia alcuna. Per dare un’idea dell’autorevolezza dell’Italia sarebbe stato altrimenti, ovvero il presidente dell’Unione europea avrebbe preceduto e successivamente il nostro capo di governo, in solitaria e non due volte in una settimana, sarebbe arrivata. Però sorvoliamo queste noiose procedure formali, guardiamo invece al ruolo italiano, definito strategico dalla Commissaria Johansson e dunque funzionale all’impegno della Commissione. Benissimo. Resta il fatto di come la Commissione e l’Italia possano considerare affidabile il regime di Saied. E questa non è questione meramente formale, dal momento che prima si è mosso il governo italiano e poi il presidente della Commissione, si potrebbe anche avanzare il dubbio di una diversa valutazione sul governo tunisino, fra l’Italia e la Commissione stessa, tanto è vero che c’è un terzo, l’olandese Rutte, che non si capisce esattamente a che titolo partecipi direttamente alla visita. Se era necessario e sicuramente lo era, la presenza di un terzo Paese, quello avrebbe dovuto essere la Francia non l’Olanda. Ed è questa assenza che colpisce come un pugno. La Francia sembra essersi eclissata in tutta questa vicenda nonostante i suoi rapporti secolari con la Tunisia, e persino il celebre schiaffo di Tunisi inflitto nel 1881 al Regno d’Italia. Non vorremmo che ora arrivasse la mazzata. Può essere benissimo che Saied non voglia vedere più i francesi nel suo paese nemmeno dipinti, la loro presenza è ingombrante in quasi tutte le loro ex colonie e protettorati, ciò però renderebbe più complessa la situazione, non più facile. Pensate se dopo Meloni, von der Layen, Rutte, a Tunisi dovesse anche arrivare Macron. Tanto per, noi lo scriviamo dal primo momento che l’Italia deve sforzarsi di avere un interlocutore principale nella questione migratoria, e questi è la Francia e poi la Spagna. Se qui invece mai si stesse instaurando una nuova competizione fra Italia e Francia in Tunisia, poveri noi.
L’occhio esperto noterà che ancora siamo caduti nel lato puramente formale della vicenda, ed è vero, allora affrontiamo quello sostanziale. Siamo sicuri che si possa stabilizzare il regime di Saied, cioè che sia Saied la soluzione dei problemi e non il principale responsabile? Saied ha usato il covid come una clava per chiudere il parlamento ed assumere i pieni poteri, ha lasciato precipitare il paese nella crisi economica, probabilmente di economia da giurista qual’è non ne capisce nulla poi ci si è messa pure la siccità, a quel punto si è scagliato contro gli immigrati in termini tali da indignare persino le nazioni unite e ce ne vuole. Le sue parole sconsiderate hanno dato via un’ondata razzista in Tunisia. In attesa dell’incontro con i rappresentanti europei, ha cambiato registro, parlando di fratelli migranti che non possono essere considerati solo dei numeri. Premesso che oramai il danno è fatto, migliaia di cittadini del Burkina Faso, della Costa d’Avorio, del Ciad, sono sul piede di partenza, Saied ha anche fatto sapere che non intende fare la guardia di frontiera per conto terzi. Cioè prima di ricevere l’Europa ha alzato il prezzo dei suoi servizi, perchè è ovvio che conta sui soldi. Solo che davanti ad un personaggio simile, c’è da capire come ci si fa a fidare. Qui serve l’esperienza francese, che in casi come questi schierava la legione straniera fuori dal palazzo presidenziale.
Rotti a tutte le possibili avventure del mondo africano ed arabo e conosciuti in due secoli almeno di storia i suoi leader e le loro promesse, non si creda che basta la firmi di un trattato e una stretta di mano. Poi ammettiamo volentieri che von der Layen e Meloni siano in completo accordo, e si rivelino una coppia irresistibile, tale da riuscire di colpo a stabilizzare la situazione in Tunisia e a rendere Saied, se non democratico, questo si può escludere, almeno pienamente collaborativo. Tralasciamo anche le venature razziste dimostrate dal tunisino, colpa del caldo e riteniamo felicemente che gli immigrati rimasti in Tunisia o che vi saranno rispediti, vivranno in perfetta sicurezza. Cioè, ammettiamo che tutto vada per il meglio e la Tunisia si dimostri un partner affidabile. E la Libia? Perché vada per Tunisi, ma Tripoli? Non che la Tunisia non sia importante averla dalla nostra parte, ma a cosa ci serve la Tunisia se non abbiamo un piano per la Libia? Perché se pensiamo di assorbire la massa d’urto della migrazione libica con la collaborazione della Tunisia il primo a riderti in faccia sarà Saied e nemmeno azzerandogli il debito in un colpo solo, riuscirebbe a restar serio.