Il 16 ottobre il Consiglio dei Ministri ha approvato la bozza della Legge di Bilancio 2024 e le opposizioni già annunciano battaglia.
In un totale 91 articoli, 4 allegati e soprattutto 24 miliardi (16 provenienti dall’aumento del gettito e 8 da tagli alle spese) si cerca di trovare soluzioni fiscali ed economiche per lo sviluppo del nostro paese.
Questa manovra, che dovrà essere approvata entro il 31/12/2023, si trova ad affrontare una congiuntura storica ed economica molto difficile: la generalizzata inflazione innanzitutto, col conseguente aumento dei tassi e quindi del costo del debito pubblico, le tensioni in medio-oriente e la guerra russo-ucraina.
Sono ovviamente molti i punti di vista da cui poter analizzare la legge di bilancio tuttavia ve ne sono alcuni che siamo costretti a sottolineare rispetto ad altri che, letti insieme a ulteriori dati che ora mostreremo, si delineano particolarmente pericolosi per alcune categorie di italiani.
Secondo il rapporto EUROSTAT 2023 (dati 2022) l’Italia è tra i paesi europei con più alta quota di famiglie che hanno difficoltà ad arrivare a fine mese (fascia maggiore/uguale a 62,5%, contro una media europea del 45,5%). La nostra percentuale ci accomuna pericolosamente a paesi periferici quali Croazia, Romania e Slovacchia, distanziandoci nettamente dalle economie che teoricamente rappresenterebbero i nostri peer ossia Germania (minore al 25%), Francia (tra 35% e 45%) e Spagna (tra 45,5% e 57,5%).
Un dato però appare ancor più preoccupante e cioè il totale degli italiani a rischio povertà ed esclusione sociale, pari a 14 milioni di nostri concittadini (24,6% contro una media europea del 21,6%, media su cui peraltro occorre debitamente riflettere).
Ci sentiamo infine di mostrare un ulteriore dato chiarificatore della difficoltà economico-sociale in cui versano gli italiani in particolare coloro che dovrebbero contribuire maggiormente alla crescita economica: il 69,4% degli italiani tra i 18 e i 34 anni condividono la residenza con almeno uno dei genitori. Questo dato, tolte certe sparate politiche su eventuali “fannulloni” sicuramente esistenti ma che difficilmente rappresentano la totalità della statistica, è a dir poco preoccupante in quanto quella fotografata è la fascia d’età in cui si creano le famiglie e in cui quindi il reddito dovrebbe essere perlomeno stabile e capiente rispetto ai bisogni di quello che già Mazzini identificava come nucleo fondativo della società umana.
La morsa dei tassi non permette, oggi, l’acquisto di una casa tramite mutuo, i risparmi non bastano, si fa fatica ad accantonare risorse personali e si è costretti a vivere a casa coi genitori che, per fortuna, una casa ce l’hanno.
In queste condizioni creare una famiglia semplicemente non è possibile, tanto meno lo è fare figli e diviene difficile pure mantenere quelli che già si hanno.
Alcuni punti della manovra presentata dal governo, paradossalmente, colpiscono specificatamente le famiglie in procinto di avere figli o con figli piccoli: è infatti previsto un aumento piuttosto pesante dell’IVA su pannolini e seggiolini auto (che sarà portata al 22% e, ricordiamolo, i seggiolini sono obbligatori) e sul latte in polvere (dal 5% al 10).
Questo aspetto lascia assai perplessi considerando che la presidente del consiglio e il suo partito si sono presentati sempre come baluardi della difesa, anche economica, della famiglia.
È vero che il prezzo di pannolini e seggiolini dopo il taglio dell’IVA effettuato negli anni precedenti è calato in modo non proporzionale (essenzialmente i produttori hanno mantenuto i prezzi alti “intascando” la differenza tra la aliquota di prima e quella successiva), ma ci chiediamo se sia corretto che siano gli italiani, già colpiti da una dura congiuntura economica, a pagare questo conto. Parimenti c’è da chiedersi se, tolte questioni di principio e scendendo in questioni di sviluppo economico, sia corretto che la fascia d’età che necessariamente dovrebbe contribuire al sistema pensionistico (le pensioni le paga chi lavora, non chi è già in pensione), allo sviluppo demografico e in generale alla tenuta economico-sociale italiana debba trovarsi nella condizione di pagare il conto di una politica che accetta un tiro oggettivamente mancino da parte dei produttori, scaricandolo sui consumatori. Peraltro è chiaro che se il produttore non abbasserà il prezzo l’IVA su quei beni graverà su un prezzo già alto.
Se a ciò aggiungiamo che la manovra prevede l’esclusione dal calcolo dell’ISEE degli investimenti in BTP è possibile concludere che questi aspetti delineati non contribuiscono minimamente all’equità della legge di bilancio.
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