C’è un bel testo di Kierkegaard che si intitola Rivelazione divina e genialità. Sulla differenza tra un genio e un apostolo. Kierkegaard ci dice che il genio è colui che riesce ad articolare o esprimere ‘ciò che è in lui più di se stesso’, cioè in qualche modo la sua sostanza spirituale, in contrapposizione all’apostolo perché l’apostolo in se stesso non ha nessuna importanza. L’apostolo ha una funzione prettamente formale, è una persona che ha dedicato la sua vita a testimoniare una Verità impersonale che lo trascende. È un messaggero che è stato scelto da qualcuno, che ne so, dalla Grazia, per questo ruolo ma non ha nessuna caratteristica, nessun merito. Funziona come per i diplomatici. Anche i diplomatici sono quello che trasmettono, non quello che hanno di più caratteristico. Se un diplomatico dovesse schiarirsi la voce o, peggio, tossicchiare durante una conferenza internazionale, a nessuno verrebbe in mente un problema di salute, nemmeno il Covid, ma probabilmente si interpreterebbe quella tosse come una critica o una perplessità sulle affermazioni che il relatore sta facendo in quel momento.
I repubblicani oggi non sono geni. Sono apostoli. Cioè sono i testimoni di una verità impersonale che ha più di 120 anni, hanno traportato i loro ideali che vengono da Mazzini, da Cattaneo, da Arcangelo Ghisleri, da Ernesto Nathan e sono diventati portatori sani di questi ideali. Hanno scritto la storia con questi ideali. Ecco perché ha senso rifrequentarli e citarli. Perché in nessun altro partito c’è la storia del nostro Paese. E quindi alle volte vale la pena togliersi dall’inquadratura e lasciare la scena.
La sezione di Latina Giovanni Conti del PRI ha voluto ripercorrere in un incontro su Meet la prima trionfale stagione del PRI in provincia, sulla scorta di un saggio su Ludovico Camangi, il primo deputato espresso dal territorio, dal titolo La Repubblica dei Territori di Stefano Mangullo, con la prefazione di Corrado Scibilia. Dal 1944 il Pri cerca di accreditarsi come il partito della ricostruzione e del ritorno alla normalità. Il primo direttivo è composto da Fernando Bassoli, che diventerà il primo sindaco di Latina, Paolo Falovo, Giorgio Mascia e Salvatore Tucci, mentre Pio Camangi, il fratello di Ludovico, viene eletto segretario. La ramificazione è importante, in tutto il Lazio ci sono la bellezza di 288 sezioni, su 351 comuni. I risultati elettorali sono straordinari. Giovanni Conti è spesso a Latina. Anche grandi personaggi come Duilio Cambellotti vengono candidati alla costituente nella lista del Partito Repubblicano, più tardi, sindaco Bassoli, verranno inaugurati ai giardinetti i busti dedicati a Mazzini e Garibaldi alla presenza di Randolfo Pacciardi.
Tra gli ospiti, Dario Petti, il fondatore di Atlantide, una casa editrice che ha una linea interessante, cioè quella di indagare il senso sommerso di comunità, le storie e le radici del nostro territorio, perché la scoperta del legame tra passato e futuro può rinsaldare il legame comunitario. Petti ha anche scritto un saggio, pubblicato negli Annali della Fondazione Ugo La Malfa su Radici, ascesa e declino elettorale del Pri. «Il PRI arrivò a punte che superarono il 30%, nei Borghi anche il 40%. Un consenso che purtroppo fu sprecato. Già dal 1951 poco rimase. Ma il cuore cittadino ha battuto per l’edera. Basti citare la prima consigliera donna della città, Maria Cocco, un’ostetrica di origine romagnola molto nota in città. Basti citare Virgilio Silvestri, il papà del Ristorante Impero che tutti a Latina conoscono. Un ristorante in cui andavano a mangiare dal 1934 i gerarchi fascisti, anche Mussolini. Eppure lui era di fede repubblicana. E più tardi, dal ’45 il Ristorante divenne uno dei punti di riferimento di tutti i repubblicani dell’epoca, molte iniziative di natura sociale venivano organizzate lì. Oggi a Virgilio Silvestri è dedicato il largo davanti ai Giardinetti. Ma c’è tutta una generazione di pontini che andrebbe ricordata, anche sigle del commercio cittadino: l’orefice Wiquel, il cui papà si chiamava Garibaldi, Figini della prima pasticceria, Cinelli».
Carlo Camangi ha tratteggiato la figura del padre. «Erano anni in cui la politica del PRI era caratterizzata da un doppio binario. Quello della moralità e quello della competenza tecnica, della concretezza. Mio papà era ingegnere quindi certo, saltava sempre su la sua formazione professionale. E il suo nome è legato soprattutto alla SS148. Che era una strada di bonifica, appena tratteggiata, subito fuori la città e verso Campoverde e le altre città di fondazione. Una strada bianca, senza cemento. Già da subito mio padre si fece promotore dei lavori per la costruzione del collegamento con Roma. Nel 1947 si incontra con il direttore generale dell’Ares, l’ingegner Gra. Forse non tutti sanno che il Grande Raccordo Anulare si chiama così perché l’acrostico GRA è il cognome dell’ingegnere che lo ha voluto e progettato. Una serie di riunioni con il Ministro dei lavori pubblici dell’epoca, Umberto Tupini, si rivela alla fine infruttuoso. Ci vogliono un miliardo e 300 milioni di lire. Troppi. La situazione si sbloccherà da lì a breve, così la via Littoria, poi diventata via Latina può vedere la luce. Nel settembre del 1950 l’Accademia Tuscolana, un Ente vicino al Vaticano, fa notare che via Latina esiste già: è la strada che parte da Porta Latina e va verso l’area Tuscolana. Non poteva chiamarsi Latina e fu proprio l’Accademia a suggerire un nome sostitutivo: Pontina, l’attuale SS. 148».
All’incontro ha portato i saluti il sindaco di Latina Damiano Coletta, che si è soffermato anche sulla necessità di un potenziamento del collegamento con Roma e Michele Polini, segretario dell’unione romana del Partito Repubblicano. La segreteria della sezione di Latina si è fatta anche carico di un impegno nei prossimi anni: una strada dedicata a Bassoli, e una a Camangi.