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Perché c’era ancora più bisogno di Draghi

Riccardo Bruno di Riccardo Bruno
23 Maggio 2023
in L'editoriale
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Mai qualcuno non avesse compreso perché il partito repubblicano volesse tenere Draghi ancora alla guida del governo in questa legislatura, persino più di quella precedente, adesso si spiega facilmente. Per non avere un ministro che nessuno capisce cosa dice quando parla del Pnrr, cominciando da lui stesso. L’onorevole Meloni ha tanti problemi davanti a sé, uno dei più evidenti concerne il ministro Fitto che quando non è in disaccordo con il ministro Salvini, smentisce le sue stesse dichiarazioni rese ala stampa, e questo dopo un bello scontro con la Corte dei Conti tanto per. Il dubbio che davvero il governo non sappia cosa stia facendo con i pnrr a questo punto sarebbe lecito percorra l’intera opinione pubblica. E non si possono nemmeno chiedere le dimissioni di Fitto, perché chi ci metti a rappresentare il governo presso l’Unione europea, l’onorevole Lollobrigida? O quel simpaticone che si presenta alle televisioni per dire che il governo vuole una riforma presidenzialista, ma gli va bene anche il premierato? In Europa a contrario nostro c’è ancora una classe dirigente che sa di cosa parla.

Uno potrebbe dire, va be’, sono queste le tipiche debolezze della vita democratica, schieriamoci all’opposizione e facciamo cadere il prima possibile un tale governo. E con chi? Con Renzi e Calenda che stanno dando uno spettacolo tale da poter seppellire definitivamente il modello liberale? O l’onorevole Schlein che ha scoperto davanti al disastro in Emilia Romagna la necessità di aiutare il governo a rimodulare i pnrr? Chiudetela in una stanza con Fitto ci pensa lei. Lo stato dell’opposizione è persino peggiore di quello offerto dalla maggioranza. Solo ieri sera un parlamentare dei 5 stelle raggiunto la sua postazione televisiva, mica discutono in Parlamento, ha fatto tanto d’occhi, “ma come perché abbiamo abolito il piano Italia sicura di Renzi? Quel piano era irrealizzabile”. Al che ci siamo detti, bene finalmente uno che sa di cosa parla e ci smonta la demagogia posticcia di Renzi. “Renzi aveva abolito il corpo forestale!”. Siamo caduti dal divano. Cosa diamine c’entra il corpo forestale con il dissesto idrogeologico? Se c’era una cosa buona di Renzi e di aver ridotto le spese del corpo forestale, mica siamo il Canada, e investito in un piano per la sicurezza del territorio che frana ogni momento. Ma anche ammesso che invece il corpo forestale svolgesse una qualche funzione strategica per la tutela delle montagne e dei fiumi, quale sarebbe la logica aristotelica degli accoliti di Conte? Un presidente abolisce il corpo forestale e un altro abolisce il piano Italia sicura? E quindi abbiamo perso due strumenti di salvaguardia con due governi diversi, senza aver uno straccio di progetto di difesa del suolo per dieci anni. Questa l’opposizione.

L’Italia ha il problema di sbloccare fondi che sono a disposizione dal 1970 per la tutela del territorio e di portare a termine i piani del Pnrr. Per fare questo serve una riforma dello Stato che non riguarda la forma di governo, ma la revisione del titolo V, perché se cambi la forma di governo e non cambi il titolo V, puoi eleggere chi ti pare come ti pare ed il sindaco di Frattamaggiore di Mezzo sarà libero di spernacchiarlo. Mentre il governo chiede all’opposizione un’intesa per riformare in tempi brevi il titolo V, basta introdurre un principio di priorità dell’interesse nazionale o anche ripristinare il vecchio testo azzerando le modifiche del governo Amato, il governo Meloni istituisce un’autorità che centralizzi le competenze e pianifichi gli interventi da svolgere sulla base del piano Renzi che andava benissimo e senza bisogno di reintrodurre i forestali. Servono ingegneri capaci di fare i progetti e la volontà di eseguirli. Più complessa la vicenda del Pnrr. Per quello non si vede altro che provare a mandare Fitto da Draghi e chiedergli scusa.

Tags: DraghiFitto
Riccardo Bruno

Riccardo Bruno

Riccardo Bruno si è laureato in Storia della Filosofia presso l'Università di Roma La Sapienza nel 1988. Dal 1987 al 1989 collabora all'Ufficio esteri del PRI diretto dall'onorevole Vittorio Olcese. Dal 1994 è capo ufficio stampa del PRI, dal 1995 giornalista professionista iscritto alla stampa parlamentare. Nel 1999 è capo redattore de La Voce Repubblicana. È stato poi editorialista per il Foglio di Giuliano Ferrara e l'Indipendente di Vittorio Feltri. Dal 2019 è prima vice direttore de La Voce Repubblicana e poi direttore politico

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