Luigi Tivelli, presidente della Academy di Politica e Cultura Giovanni Spadolini, già consigliere parlamentare, giurista e politologo autore di 37 volumi, con la sua ultima opera, “I segreti del potere. Le voci del silenzio” (Rai Libri, 2023), ci regala una preziosa e qualificata testimonianza di quali sono le difficili sfide che gli uomini che animano le istituzioni si trovano a fronteggiare. Dei veri e propri “civil servants”, che fanno della moderazione e del silenzio la propria cifra, che alla cultura dell’apparire preferiscono la cultura dell’agire. in opposizione a ciò, per l’autore, svetta il “cicaleccio” continuo della quotidianità, di certa politica, di certa informazione, un atteggiamento che stride con il rigore di cui si nutrono le istituzioni repubblicane. Questo “cicaleccio” diffuso, leggiamo, si accompagna spesso al dilettantismo, di cui si fa sterile e inutile ostentazione: del resto “al comportamento delle cicale è associata una forma di spreco, perché i loro “concerti”, non accompagnati da alcuna operosità, non conducono a nulla”.
Chi invece si nutre del silenzio istituzionale, parla poco e fa molto, un mondo non molto conosciuto proprio perché lontano dai riflettori, meritava almeno un volume di approfondimento. Ecco quindi sedici dialoghi con grandi protagonisti di quello che potremmo chiamare “deep state”: giuristi, diplomatici, economisti, funzionari, generali. Da Paolo Savona a Giampiero Massolo, da Giovanni Malagò a Giuseppe Ayala, grazie all’intermediazione di Tivelli il potere nei suoi tanti significati e sfaccettature si dispiega, quasi come complesse definizioni si dispiegano dalle pagine di un’enciclopedia. Un’ enciclopedia dei poteri. I dialoghi con queste importanti personalità, in maggioranza anche docenti della Academy Spadolini, più che vere e proprie interviste, si rivelano essere piccole e dense lezioni in pillola, altamente specializzate, ognuna con una tematica di riferimento, dalla politica estera al sistema bancario. Sta al lettore estrarre da queste quasi 400 pagine le risposte che egli più desidera: spunti e riflessioni a margine non mancano. Ecco allora che da chi condivide il senso dello Stato e della prudenza, anche in situazioni delicate, possiamo apprendere il peso, l’importanza, l’efficacia delle (poche) parole, il rispetto per la cosa pubblica, apprendere senza sconti quali sono i veri nodi della politica della cultura di questo paese. Due aspetti questi, in fin dei conti, strettamente interconnessi: se è vero ciò che sosteneva John Stuart Mill, ovvero che “Il valore di uno Stato a lungo andare è il valore degli individui che lo compongono”, politica e cultura, soprattutto in chi governa, non possono, non devono scindersi.