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Il compito di affondare il paese costi quello che costi

Riccardo Bruno di Riccardo Bruno
14 Luglio 2022
in L'editoriale
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I referti sulle morti ad Alzano già al primo gennaio del 2020, indicavano un incremento che mai si era visto negli anni precedenti e tale da suscitare l’allarme della comunità cittadina, allarme che il governo dell’epoca, insieme alla Regione Lombardia, va ricordato, non ritenne di dover prendere in considerazione.  Oramai è appurato che il virus covid 19 circolava in Italia già dal novembre di quell’anno, dopo che il bilaterale Italia Cina aveva triplicato i voli da quel paese al nostro. Ancora a febbraio del 2020, il governo in carica riteneva che non ci fosse nessuna minaccia. Il comitato tecnico scientifico del governo rimproverava i vertici Alitalia per aver impedito il rimpatrio da Wuhan di un cittadino italiano positivo asintomatico, dicendo che si ledevano i suoi diritti costituzionali. Alitalia si sarebbe difesa impugnando il piano antipandemico nazionale, quello che il nuovo governo non aveva aggiornato. Alzano non fu chiusa nemmeno a febbraio, e in compenso a marzo fu chiuso l’intero paese. Interrogato dai giudici sulla tragedia di Alzano, Conte disse che non avrebbe avuto senso intervenire perché il virus era già in circolazione da mesi. E quindi che senso aveva chiudere l’intero paese in cui il virus era circolato altrettanto? Eppure, il paese fu chiuso interamente e questo senza che si arrestasse la curva dei contagi che continuarono fino alla primavera. Poiché il governo era convinto che la decrescita si fosse realizzata grazie alle forsennate misure di contenimento, annunciò a luglio un “nuovo Rinascimento”. Il covid era stato debellato. Ad ottobre avrebbe iniziato a richiudere tutto perché si era sbagliato un’altra volta. Poiché nonostante si fosse arrivati come sotto occupazione nazista, al coprifuoco, il virus continuava a circolare si chiese coerentemente alla polizia di entrare nelle case per controllare la cittadinanza. Il capo della polizia Gabrielli, un uomo retto, bontà sua, rifiutò. Il ministro Bellanova annunciò le sue dimissioni perché il governo violava la costituzione e si arrivò alla crisi.  L’uomo che si era presentato come quello della provvidenza, l’avvocato Conte, venne accantonato in un istante.

Il nuovo governo finalmente repubblicano, finalmente guidato da un eccellenza, ha dovuto rimettere in moto  l’Italia dal disastro di un anno dovuto a scelte sbagliate e non solo, avendo il garbo di mai nominare il suo predecessore e si dovrebbe comprende bene il perché.

Questo personaggio innominabile ha aspettato una crisi internazionale per rialzare la testa. Ci siamo riaccorti della sua esistenza quando non voleva dare le armi all’Ucraina, che l’Ucraina restasse sepolta sotto le bombe russe. Rendendosi conto che forse alle lunghe una simile posizione sarebbe divenuta impopolare i russi ammazzano ogni giorno vecchi e bambini in Ucraina, ne ha elaborata una più complessa sul terreno sociale.  Sappiamo tutti che il reddito di cittadinanza non è una soluzione percorribile a lungo termine e che per lo meno andrebbe ristrutturato anche perché sono evidenti le disfunzioni prodotte. Ma ovviamente Conte non ci sente, cada il governo e tutti i filistei se il reddito si tocca. È difficile credere che il movimento cinque stelle si spinga in questa follia. Di Maio se ne è già distaccato, dimostrando buon senso, e altri lo faranno. Il problema è, indipendentemente dalla fiducia delle Camere, tutto politico perché con una componente della maggioranza pronta ad affossare il paese ad ogni occasione è difficile che le altre possano collaborare ulteriormente. La crisi è ad un passo.

Chi ha cercato di affondare il paese già una volta e ancora ci sta provando, costi quello che costi, non lo ha fatto perché inesperto, perché precipitato senza rendersi conto in una situazione ignota. Deve avere una ragione, che non conosciamo ed un piano che continua a perseguire.

Tags: alzanogoverno
Riccardo Bruno

Riccardo Bruno

Riccardo Bruno si è laureato in Storia della Filosofia presso l'Università di Roma La Sapienza nel 1988. Dal 1987 al 1989 collabora all'Ufficio esteri del PRI diretto dall'onorevole Vittorio Olcese. Dal 1994 è capo ufficio stampa del PRI, dal 1995 giornalista professionista iscritto alla stampa parlamentare. Nel 1999 è capo redattore de La Voce Repubblicana. È stato poi editorialista per il Foglio di Giuliano Ferrara e l'Indipendente di Vittorio Feltri. Dal 2019 è prima vice direttore de La Voce Repubblicana e poi direttore politico

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