Per quanto non si capisse il bisogno di una nuova norma contro i rave party, sulla base del semplice articolo 633 del Codice penale, le forze dell’ordine hanno ripristinato la legalità con successo come si è visto a Modena, non ci siamo scandalizzati per l’iniziativa normativa del nuovo governo. Una formazione politica neofita, arrivata alla guida del paese troppo rapidamente soprattutto per demeriti altrui, è quasi inevitabile commetta degli errori. Nel decreto-legge in questione appena varato se ne scorgono diversi e tali da consentire i dubbi per non dire le accuse delle opposizioni. Le opposizioni sono tenute ad assolvere al loro compito, magari anche tendenziosamente e quindi non significa che un testo ampiamente equivocabile nasconda al suo interno finalità diverse da quelle che i suoi estensori ripromettano. Magari i ministri, o chi per loro, hanno scritto la normativa malamente e senza pensarci abbastanza. Sono le dichiarazioni successive della maggioranza che invece di rassicurare inquietano. L’onorevole Matone ha parlato di una norma sacrosanta perché il governo non riesce a garantire la legge nei raduni. Nemmeno nelle case delle famiglie se è per questo. Ogni giorno leggiamo di morti ammazzati in famiglia, magari il governo domani proporrà di scioglierla, manderà la polizia a sgomberare le case.
Una norma che non viene discussa dalle Camere dovrebbe avere il pregio di una formulazione cristallina. Il decreto del governo presenta, invece, delle criticità evidenti. Innanzitutto, la scelta di usare termini che la Costituzione repubblicana si preoccupa di evitare accuratamente. La Costituzione cita ragioni di “sicurezza” o di “incolumità pubblica”, mai invece di “ordine pubblico”. La nozione di “ordine pubblico” presente nel decreto del governo, lo ha ricordato il professor Ceccanti in una intervista all’Adnkronos, era posta alla base del testo unico fascista di pubblica sicurezza del 1931 e citata ben 23 volte. I padri costituenti non la usarono mai. Era un modo per sottolineare la discontinuità di una moderna democrazia liberale dai disastri del passato. Non intendiamo ripercorrerli.
Nella scorsa legislatura Fratelli d’Italia ha pur sempre votato sulla base di un qualsiasi decreto della protezione civile, concernente i terremoti o le inondazioni, lo Stato di emergenza sull’intero territorio nazionale. Ha così autorizzato un governo posticcio e nemmeno eletto, di surrogare l’intera legislazione parlamentare attraverso la decretazione della presidenza del Consiglio. Un presidente del Consiglio con atti con cui genericamente nomina il proprio capo di gabinetto ha disposto della vita quotidiana dell’intera popolazione nazionale. Un precedente mai realizzato in 70 anni di storia repubblicana. Nessuno oggi può più escludere che la straordinarietà possa ripetersi e magari persino più gravemente.
Le stesse parole dell’onorevole Meloni con le quali il governo rende noto di non voler negare a nessun cittadino di esprimere il suo dissenso, sono qualcosa di inaudito ed inaccettabile in una repubblica democratica. La libertà di opinione è un diritto sottratto al dominio dell’esecutivo come a qualsiasi altro organismo. Lascia esterrefatti che per intervenire, a ragione ovviamente, contro delle occupazioni di terreni e stabili non autorizzate, si sia sentito il bisogno di rassicurare financo la diversità di pensiero. La Costituzione repubblicana garantisce, il governo non ha giurisdizione alcuna a riguardo. A Palazzo Chigi vedano di preoccuparsi di fare delle leggi rispettose di questa nostra Costituzione. È evidente che non la comprendano, ciononostante ci hanno pur giurato.
Foto galleria presidenza del Consiglio