Decenni di propaganda palestinese diffusa a piene mani nelle capitali europee ha fatto perdere il senso delle proporzioni in una Regione dove, già dopo la guerra del Kippur, i palestinesi passati in Giordania si andavano ad arrendere all’esercito israeliano che le truppe cammellate hashmite li prendevano a sciabolate. Il vecchio presidente tunisino Bourguiba, un po’ più autorevole di Saied, qualche anno prima aveva detto che “la Giordania era solo un nome di un fiume, la Palestina, era la Palestina”. Tradotto, lo Stato palestinese c’era, ed era quello giordano che non aveva nessuna intenzione di avere i membri dell’Olp in casa. Stesso discorso vale per la Siria, che nel dubbio sui confini storici aveva una sua organizzazione palestinese, lo Flp – comando generale, guidata dal capitano dell’esercito Ahmad Jabril per fare principalmente la guerra ad Arafat. In Libano, dove i profughi palestinesi vennero massacrati dai cristiani maroniti, le cose non andarono certo meglio e l’Egitto, una volta caduto Nasser, è stato il primo Stato arabo a riconoscere Israele. Persino Gheddafi, un campione della causa, negli ultimi anni si era molto distaccato. D’altra parte Arafat era giunto alla conclusione della necessità di un negoziato di pace e pure la carta dell’Olp recita che lo Stato ebraico doveva essere gettato a mare. La popolazione di Gaza era rimasta comunque di quella idea, dal momento che smentì il suo storico rappresentante per seguire i proseliti dello sceicco Yassin, dando vita ad un’altra storia che si chiama Hamas, la componente irriducibile del movimento che a pistolettate ha scalzato la traditrice Fatah. Quanto poi Fatah sia moderata rispetto ad Hamas lo si comprende dalle parole del suo leader Abu Mazen il quale ha avuto modo di spiegare recentemente che non era Hitler ad essere antisemita, ma gli ebrei ad essere degli usurai.
Gli accordi di Abramo nel 2020 hanno portato Marocco, Bahrein, Emirati Arabi uniti a riconoscere Israele. Da quel momento i sostenitori della cosiddetta lotta palestinese è più facili trovarli da noi in Europa, e magari persino negli Stati Uniti, che nel mondo arabo. C’è solo l’Iran che con il mondo arabo non c’entra niente ad essere schierato ed in netta contrapposizione all’Arabia saudita. Contrasto che in Yemen è direttamente militare fra questi due paesi, tanto da chiedersi se alla base del dialogo annunciato fra sauditi ed israeliani non giochi una parte rilevante l’odio di Ryad per Teheran. Considerata la posizione geopolitica traballante della Siria, e la paralisi istituzionale del Libano, se si compie un accordo saudita israeliano, l’Iran potrebbe ritrovarsi completamente tagliata fuori, perché gli ayatollah mai minacciati dai presunti confini palestinesi, quelli semmai sono persiani, fanno dell’odio per Israele un caposaldo del loro regime. A meno che Hamas abbia deciso scientemente di stringersi il cappio al collo che si trova, è plausibile che siano gli iraniani ad avere spinto con prebende le milizie sgangherate di questa organizzazione ad assalire Israele. Hezbollah si guarda bene dall’ aprire un altro fronte.
E’ appena passato l’anniversario della guerra del Kippur, 50 anni esatti il sei ottobre, quando Israele, venne attaccata da tutto il mondo arabo compatto, con contingenti armati provenienti dalla Germania est e persino da Cuba. In poche ore l’intero esercito egiziano finì in una sacca e senza la mediazione statunitense sarebbe stato annientato. Ora Israele si trova di fronte al posto dei carri armati, gli alianti e le motociclette di Hamas. Si capisce benissimo che lo stupore faccia danni come la paura, ma entro un certo limite. Teheran conta che Netanyahu usi la mano pesante contro quei poveri disperati che lo hanno attaccato in modo da mettere una trave nell’ingranaggio del processo di pace avviato fra Israele e gli Stati arabi. Disgraziati mullah costretti a ritardare l’inevitabile. Di stati palestinesi già ce ne sono tre, e Gaza era fenicia, al limite egiziana. In ogni caso dovrebbe essere chiaro che gli abitanti di Gaza non lo vogliono uno Stato palestinese, vogliono solo la caduta di quello ebraico che nonostante le crisi, le aggressioni, le calunnie, le infamie è destinato a continuare a prosperare. Non per volontà divina, qui Dio non c’entra niente, ma per le capacità di tenacia, di sviluppo e di tecnologia militare dimostrate nei millenni dalla sua popolazione. La Palestina era solo la Giudea.
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