Ovviamente la verità storica non coincide con la verità giudiziaria di una nazione, altrimenti il dissidente Navalny, appena condannato ad altri 19 anni di carcere, sarebbe un pericoloso criminale, cosa che non credono nemmeno i russi avendo avuto quasi tutti un innocente giustiziato in famiglia. La verità giudiziaria è solo un dato amministrativo stabilito dalla legge che va rispettato per convenzione di sistema. Morto Stalin, il comitato centrale svuota le carceri. Nei paesi democratici come il nostro, vi sono persino giudici che rimettono in discussione sentenze conclamate a distanza di sessant’anni. Un procuratore di Palermo voleva riesumare la salma di Salvatore Giuliano e istituire un secondo processo. Per cui non c’è nessuna ragione per la quale il proprio pensiero personale debba essere vincolato da una sentenza di tribunale. Piuttosto una carica istituzionale ha l’obbligo scrupoloso di tenerne conto per evitare, nel caso di un contrasto di opinioni, di compromettere la credibilità dello Stato. Si chiede ai rappresentanti del governo e del parlamento di risparmiarsi situazioni imbarazzanti, quando parlano di un passato giudicato. Purtroppo per tutti noi, sulla strage di Bologna è accaduto nel 1991 che un presidente della Repubblica, nel pieno delle sue funzioni, con esperienze maturate come presidente del Consiglio e ministro degli Interni, in una sede ufficiale dello Stato, asserì che la sentenza pronunciata fosse sbagliata. Dunque non è che ci si può stupire se ancora oggi vi sia chi la pensi come l’allora, presidente Francesco Cossiga, tanto più che vi erano riscontri non contemplati dalla procura ed ambienti diffusi, estranei alla destra, completamente convinti dell’innocenza di Mambro e Fioravanti. In ogni caso, la prima istituzione repubblicana aveva contraddetto la giustizia repubblicana ed è impossibile non tenerne conto, perché un simile evento fa giurisprudenza.
Anche se qualcuno fosse convinto che Cossiga fosse matto o malato e parlasse a vanvera privo di freni inibitori, non è che rende un maggior servizio alla verità storica, perché matto o malato potrebbe allora anche essere un giudice di tribunale, tanto da poter sbagliare l’istruttoria o la sentenza. Giovanni Pellegrino presidente della Commissione stragi dal 1996 al 2003 ha rilasciato un’ intervista a Repubblica dove dice che il nostro era “un paese schizofrenico”, dove, i ministri dc Rumor e Taviani mettevano fuorilegge gruppi neofascisti come Ordine nuovo e Alleanza nazionale, e “i carabinieri e il Viminale li finanziavano”. Dichiarazioni di una gravità inaudita, tale per la quale non si comprende perché la Commissione Stragi non abbia chiesto l’incriminazione di Carabinieri e Forze Armate. Forse non disponevano di prove, ma solo di chiacchiere, altrimenti ci sarebbe da chiedersi a cosa sarebbe mai servita la commissione guidata dal presidente Pellegrino. Soprattutto non si capirebbe come fosse possibile che un paese schizofrenico, con le forze dell’ordine e dell’esercito solidali con i neo fascisti, abbia retto la pressione delle stragi. Sarebbe dovuto essere travolto. Anche perché le sentenze della magistratura certo non lo hanno aiutato, quella su Piazza Fontana venne sbeffeggiata dallo stesso Franco Freda, tornato a piede libero. Anche questo va messo in conto: se la sentenza su Bologna fosse impeccabile e cristallina, restano tutte le altre sulla stagione delle stragi, indecifrabili ed opache. Solo uno stato totalitario potrebbe pretendere che un cittadino debba essere convinto della loro verità e solo un vecchio fautore dello Stato totalitario può asserire di avere su casi tanto eclatanti, “zero dubbi”.
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