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La grande democrazia repubblicana, un piccolo arrogante statarello monarchico

Riccardo Bruno di Riccardo Bruno
17 Aprile 2023
in L'editoriale
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I vantaggi di una grande democrazia repubblicana come quella statunitense, prima che economici sono morali. Ogni crimine che viene commesso nella sua storia dal massacro della popolazione irochese all’indomani della vittoria sul re di Inghilterra, sino alla derisione dei prigionieri di Abu Grahib, ha la possibilità di venire dibattuto parlamentarmente. L’opposizione e l’opinione pubblica sono libere di giudicare come ritengono meglio. La popolazione e le istituzioni preposte possono farsi un’idea molto precisa e particolareggiata dei torti e delle ragioni dei propri uomini di governo e delle loro truppe. Il generale Washington che pure dovette eliminare praticamente dieci forse quindicimila individui di una tribù civilizzata come quella irochese, venne abbondantemente giustificato perché gli irochesi sostennero gli inglesi durante la guerra di indipendenza e restavano una minaccia per il nuovo governo. Il colonnello Chivington che fece strage di duecento nativi indifesi, venne invece prima allontanato dall’esercito e poi esecrato dalla storiografia ufficiale statunitense. Ci sono poi casi controversi. Custer, un eroe nazionale dopo la guerra di secessione, deve comunque giustificarsi presso un tribunale militare per i fatti del fiume Washita e persino redigere un memoriale indirizzato al grande pubblico scandalizzato. Sia Chivington che Custer compirono azioni efferate contro la popolazione cheienne, ovvero una popolazione guerriera capace di atti di ferocia anche quando i loro capi siglavano trattati di pace con il governo statunitense. Il popolo americano possiede tutti gli elementi per dare un giudizio morale compiuto e li ha sempre posseduti quasi immediatamente.

L’Italia ignora quasi integralmente la sua epopea coloniale avvenuta durante e prima del fascismo. Mentre l’America ha prodotto verdetti, libri e film contro i suoi crimini, presunti o veri che fossero, in Italia abbiamo steso un velo pietoso. Tanto che fece scalpore lo studio di Antonella Randazzo pubblicato nel 2006, sul colonialismo italiano in Africa dal 1870 al 1943, “Roma predona”. Il problema storiografico che comporta è che i documenti raccolti di violenze compiute sulle popolazioni indigene da parte dei nostri esploratori, accolte con sollievo dalla corona e benedette da Santa Madre Chiesa, non offrono giustificazione di sorta. Ignoriamo completamente le caratteristiche delle popolazioni su cui sono state commesse, come probabilmente le ignoravano anche coloro che pure le fecero. L’unica spiegazione possibile rimane essere il timore o il razzismo, se non il risentimento successivo alla sconfitta di Adua, quando pure le atrocità compiute dagli italiani sugli abissini risalgono a vent’anni prima. C’è questo aspetto cruciale che va anche considerato, l’America piega la resistenza delle popolazioni native dell’interno e unisce i due lati del suo continente, l’Italia viene ricacciata a pedate dalle coste e dall’entroterra africano. Una migliore documentazione, anche per la cultura di massa la disponiamo invece sull’epopea coloniale fascista, che pure è più breve. Sappiamo che gli italiani furono i primi ad usare i gas contro la popolazione eritrea dopo che l’impiego di quella arma venne bandita dalla comunità internazionale e sappiamo anche di essere stati la prima potenza occidentale a creare i campi di concentramento in Libia contro la ribellione senussita. Questo però sono state le fonti libiche a dircelo, come poi ci hanno accusato quelle slave in Croazia, quando quelle italiane ricordano solo le foibe.

Non bisogna stupirsi se la visita dell’onorevole Meloni in Etiopia è stata accompagnata da polemiche di ogni genere, che riguardano proprio non tanto l’onorevole Meloni ma la storia patria di un piccolo meschino statarello monarchico che ahinoi la Repubblica italiana non ha ancora completamente riscattata. Per farlo, non basterebbe nemmeno un j’accuse sui crimini compiuti, non ne siamo responsabili direttamente noi, come non lo è l’onorevole Meloni, quanto una politica efficace sul fronte migratorio, che pure non si è mai vista, nemmeno con “la protezione speciale”, che il governo vuole revocare. Va detto con chiarezza. Per affrontare decorosamente la questione migratoria non serve la propaganda delle diverse fazioni al governo o all”opposizione. Serve una piena, solida e convinta collaborazione europea. Anche l’Europa ha molti torti nei confronti dell’Africa. Rispetto all’Italia ne possiede anche una maggiore consapevolezza.

Foto CCO

Tags: CusterRandazzo
Riccardo Bruno

Riccardo Bruno

Riccardo Bruno si è laureato in Storia della Filosofia presso l'Università di Roma La Sapienza nel 1988. Dal 1987 al 1989 collabora all'Ufficio esteri del PRI diretto dall'onorevole Vittorio Olcese. Dal 1994 è capo ufficio stampa del PRI, dal 1995 giornalista professionista iscritto alla stampa parlamentare. Nel 1999 è capo redattore de La Voce Repubblicana. È stato poi editorialista per il Foglio di Giuliano Ferrara e l'Indipendente di Vittorio Feltri. Dal 2019 è prima vice direttore de La Voce Repubblicana e poi direttore politico

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