Il parlamento della Repubblica nel 2012 ha fatto del 17 marzo la giornata dell’identità nazionale, della bandiera e, non si capisce esattamente perché, della Costituzione. Il che comporta un aggiornamento rispetto alla semplice data in cui nel regno sabaudo si celebrava la ricorrenza della fondazione dell’unità nazionale. Sotto il profilo rigorosamente storico il 17 marzo non comporta una qualche forma autentica di unità nazionale perché sia Roma e quindi le terre dello Stato Pontificio, che il Veneto sono ancora sotto dominazione altra. Il Veneto aderirà al regno d’Italia nel 1866 e Roma nel 1870. Per cui il 17 marzo al più si verifica un’espansione territoriale del regno sabaudo, principalmente grazie all’impresa compiuta da Garibaldi nel mezzogiorno. Quando Garibaldi entra a Napoli, settembre 1860, Mazzini lo raggiunge per convincerlo a imporre la dittatura. È plausibile che Garibaldi rifiutò per semplici ragioni militari. Vi era il rischio di una riorganizzazione dell’esercito borbonico alle sue spalle e di restare preso in una sacca. Così come è possibile che invece il generale avesse impegni definiti e pregressi con il regno del Piemonte. Resta il fatto della definitiva rottura della collaborazione con Mazzini. Tra 1861 ed il 1870 si consuma il destino monarchico del Risorgimento. Garibaldi avrà ancora un sussulto indipendente in Aspromonte, dove viene preso a fucilate dal suo buon re, e poi un ultimo catastrofico a Mentana. Dopo di che lo ritroveremo in Francia a combattere contro la Prussia per Napoleone terzo, piuttosto che per i Savoia. Mazzini, fallito il solitario tentativo di anticipare l’esercito piemontese a Roma finisce agli arresti a Gaeta. È il 20 settembre del 1870.
Fu Crispi primo ministro del re, a dileggio del suo passato mazziniano, a fare del 17 marzo festa nazionale, festa che sarà abolita come tutte le altre della monarchia dopo il referendum per la Repubblica del 1948. Nulla ovviamente impedisce oggi di celebrare l’evento storico per chi voglia farlo, soprattutto se si è convinti che quello sia il primo passo compiuto dell’identità nazionale. Altri celebrerebbero volentieri l’istituzione della repubblica Cisalpina per trovare una qualche idea unitaria dell’Italia. L’interpretazione della storia dipende dalle valutazioni e dai sentimenti di ciascuno. Ma sono anche le valutazioni sulla storia a riconoscere e a definire le fedi politiche. Chi si riconosce nel 17 marzo al punto di riproporlo come festa nazionale, forse ha un qualche debole per l’istituzione monarchica. Perché il 17 marzo segna la data della sconfitta repubblicana nella storia d’Italia e il sopravvento della famiglia Savoia. L’Italia conoscerà un’evoluzione che passerà prima attraverso il colonialismo, poi per la vittoria mutilata, e che si concluse nel cedimento al fascismo e nella fuga. Questa storia d’Italia fatta di debolezze con tratti di infamia, la Repubblica l’ha voluta cancellare e con essa tutte le celebrazioni che si trascinava dietro. L’idea, anche se espressa con le migliori intenzioni, di ripristinare alcune di queste, avrebbe per lo meno un esito dubbio.
Vale la pena di parafrasare Crispi e di invertirlo, la Repubblica oggi ancora ci unisce, il solo ricordo monarchico ci divide.
Foto sferrario 1968