A ottanta anni di distanza dalla conferenza di Yalta, non dovrebbe suscitare tutte queste apprensioni un nuovo incontro fra russi ed americani. Anzi, che le due principali potenze nucleari del pianeta sentano necessità di parlarsi direttamente, dovrebbe essere considerato un evento positivo, soprattutto dopo due anni che si minaccia, anche se da una parte soltanto, il ricorso alle armi atomiche. Nella prima Yalta non c’erano leader europei, se non il premier britannico, rilegato ad un ruolo marginale. Per quanto Churchill fosse il campione morale della lotta al fascismo, l’Inghilterra a Yalta non aveva forze sufficienti per stare alla pari con Stati Uniti e Russia. Churchill recò a Stalin la spada di Re Giorgio come riconoscimento dello sforzo bellico sovietico. Anche se finanziati con soldi americani, undici miliardi di dollari di allora, i russi combatterono due milioni di tedeschi sul campo, una forza che gli inglesi non sarebbero mai stati in grado di affrontare. Con Roosevelt già gravemente malato, Stalin fece necessariamente la parte del leone. Gli si era perdonata la sua alleanza originaria con Hitler e Churchill e Roosevelt gli condonarono persino l’eccidio delle fosse di Katyn, consentendogli di tenersi la Polonia. Di più, l’Inghilterra non vide con sfavore la divisione della Germania in due parti, anche se per la verità Churchill avrebbe preferito prendere Berlino. In ogni caso, la conferenza di Yalta, per la vecchia Europa, fu uno scacco.
Oggi le cose sono un po’ diverse. Intanto la premessa militare è che i russi hanno “perso la guerra”, affermazione di Trump. La verità. Anche la grandiosa offensiva russa nel Donbass, ad un ritmo per il quale Stalin avrebbe fucilato personalmente tutti i generali, ha subito i primi rovesci in queste ore. Gli ucraini hanno riconquistato terreno nella zona mineraria di Pokrovsk, restano saldi nel Kursk, cosa che ha dell’incredibile e tengono sotto mira il Mar nero. Si aggiunge che in tutto questo la Russia ha lasciato la Siria dopo settant’anni. C’è un solo punto di vantaggio rispetto al 1945 per la Russia ed è l’Iran. L’Iran sarebbe stato fino alla rivoluzione komeinista il principale alleato statunitense nel medio oriente. La sua perdita è stata catastrofica per il mondo occidentale. Visto che i colloqui a Riad non sono ancora iniziati, che l’Europa non vi partecipa, che dunque nessuno sul vecchio continente può sapere dell’ordine del giorno dei lavori, dovrebbe essere facile da credere che russi ed americani discutano più di Iran che di Ucraina. Soprattutto considerando l’interesse americano nella crisi di Gaza. Ricordiamo inoltre, che Yalta, al tempo della conferenza, come tutta la Crimea, era Russia e che gli americani all’epoca e sino al 1991 non hanno mai distinto la Russia dall’Ucraina. Crusciov, il loro peggior incubo, era ucraino e per la verità lo era anche Trotskij.
La posizione statunitense sull’Ucraina di oggi è stata fissata dal vecchio Kissinger, il Donbass va ai russi e il resto dell’Ucraina rimane indipendente. Nelle attuali condizioni militari lo status di Odessa non si discute nemmeno, per cui è oggettivamente difficile che Trump possa scavalcare Kissinger. Visto che l’Ucraina non è in grado di riprendere il Donbass in base alle sue sole forze, al netto della situazione del Kursk, plausibilmente Trump sarebbe favorevole a una simile spartizione per sancire la pace. La sicurezza dell’Ucraina, l’adesione alla Ue e persino alla Nato, sono questioni che si dovranno valutare in un secondo tempo, dopo che si ottiene un punto di accordo di partenza. Anche la situazione in Siria e quindi in Africa potrebbe rientrare nei colloqui. In sostanza, è davvero presto per mettersi a commentare qualcosa che ancora non è iniziata. Zelensky dice che Trump vuole compiacere Putin. Possibile. Trump ha un mandato per fare la pace ed è già in ritardo sulle promesse elettorali, per cui deve pur mostrare qualche disponibilità verso Mosca, altrimenti l’alternativa sarebbe di far alzare i bombardieri. Se gli europei in tre anni non hanno voluto che la Russia venisse colpita sul suo territorio e ancora stan lì a discutere se mandare le truppe, perché mai dovrebbe volerlo e farlo l’America.
C’è un solo aspetto che mette in bilico l’intero quadro, le parole di Mattarella sulla Russia ed il Terzo Reich. Ovviamente non era un paragone fra Hitler, un “grande dittatore” per dirla alla Chaplin, e Putin uno sbirro miserabile, per dire le cose come stanno. Il paragone si instaura sul fatto che sia Hitler che Putin hanno condotto una guerra di aggressione. Questa analogia insindacabile infastidisce il Cremlino e lo infastidisce proprio ora che si dovrebbero aprire i colloqui di pace. La definizione di Stato aggressore in America fa giurisprudenza dal momento che fu l’accusa principale del processo di Norimberga. Putin agli occhi dell’America stessa è un criminale di guerra e lo ha ricordato a tutto il mondo il presidente italiano. Vai a vedere che queste sue parole avranno necessariamente un peso nelle scelte dell’amministrazione statunitense, quali siano le sue intenzioni a Riad..
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