Vale sempre la pena per i repubblicani italiani tenere a mente la sostanziale indifferenza di Mazzini alla questione costituzionale. Mazzini durante il suo esilio in Francia si accorse di come la costituzione giacobina, per quanto encomiabile venne subito sospesa causa la guerra. Finita la guerra l’averla ripristinata mise la repubblica stessa in pericolo al punto che, per salvarne i valori, occorresse un colpo di Stato. Questo profilo del pensiero di Mazzini emerge dalle relazioni con Buonarroti fino alla rottura di quelle. Buonarroti convinto che l’universalismo dei club ed il decentramento del potere abbia spacciato la rivoluzione, vuole la dittatura come programma. Mazzini non si scompone e gli risponde semplicemente che dipende da chi sarà il dittatore. Le qualità, o i difetti, degli uomini possono prevalere sulle leggi scritte, per cui se si tratta di concentrare i poteri, bisogna porre molta attenzione. La stessa costituzione repubblicana scritta a Roma nel 1849 è sollecitata da Mazzini principalmente per evitare lo scontro con la Francia che protegge la persona del pontefice. Uno sforzo inutile alla bisogna, dal momento che le relazioni con Napoleone terzo vennero inquinate. Per il resto il testo è solo una riedizione della costituzione giacobina del 1793, il potere è interamente messo nelle mani del governo popolare, non c’è nessun organismo di controllo oltre a quello garantito dalla durata del mandato, fissata in tre anni. Una concentrazione del potere superiore avrebbe in effetti preoccupato i costituenti mazziniani e lo stesso Mazzini. Tre anni rappresentano la durata del mandato di Bonaparte primo console, al quarto la Francia si ritrovò un imperatore.
Quando si tratta di aumentare in Repubblica i poteri del governo, sarebbe buona regola aumentare quelli di controllo dello stesso. Nel nostro ordinamento c’è solo il parlamento ad esercitarlo, il Capo dello Stato garantisce l’unità della nazione. seppure, è importante, comanda le forze armate: Il che significa che in disgraziato caso di guerra c’è già una personalizzazione del comando militare nel capo dello Stato non nel capo del governo. Quanto alla corte costituzionale, essa interviene solo sulle controversie giuridiche e si è mostrata sempre di dubbio effetto. Imporre lo scioglimento delle camere in caso di caduta del governo, può essere una forma di rafforzamento del potere di controllo popolare diretto, ma non necessariamente favorevole all’interesse nazionale. Andare al voto con la caduta del Conte due in piena pandemia, non sarebbe stato auspicabile e peggio ancora sarebbe stato tenersi il Conte due.
Vi sarebbe poi da chiedersi se questo è il momento più adatto per il paese di affrontare la questione della riforma costituzionale, dal momento che il presidente del Consiglio che già lo si chiama impunemente “premier” si trova nell’occhio di un ciclone tra manovra economica e guerre in corso. Qualunque cosa decida il Parlamento non si potrà applicare in questa legislatura il testo approvato e una eventuale approvazione potrebbe aggiungere materia di scontro oltre a quella che già corrode gli umori della maggioranza. Singolare la scelta di annunciare il proposito di una riforma sul premierato e in nome dell’alternanza in occasione del congresso di un partito come la Democrazia Cristiana che ha stentato a sopravvivere alla Prima Repubblica, figurarsi l’entusiasmo di vedersi proiettata davanti la Terza. Anche perché scusate la pignoleria,, questa che viviamo, più che una Seconda Repubblica, sembra ancora la lenta agonia della Prima.
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