Franco Floris del Pri di Andora ci ha inviato il seguente intervento che pubblichiamo volentieri.
Élite che si difende con l’élite da altre élite. Questo concetto si inserisce perfettamente nella tradizione politica, economica e culturale italiana, dove le élite non solo dominano il sistema, ma lo utilizzano per auto-perpetuarsi e difendersi dagli attacchi interni ed esterni. In Italia, infatti, le élite non sono mai state monolitiche, ma frammentate in gruppi di potere concorrenti che si combattono e si alleano a seconda delle necessità.
L’autodifesa delle élite tramite altre élite
Nel contesto italiano, un’elite minacciata non si affida alla massa per difendersi, né a una rivoluzione interna, ma piuttosto chiama in causa un’altra elite per mantenere lo status quo. Questo fenomeno può avvenire in vari ambiti:
- Politico – Quando un gruppo dirigente è sotto attacco, non cede il passo al popolo o a movimenti realmente alternativi, ma cerca alleanze con altri poteri forti: magistratura, imprenditoria, media, organismi sovranazionali. Un esempio classico è la caduta di governi o leader non per via elettorale, ma per manovre orchestrate da altre élite.
- Economico – Le grandi famiglie industriali o finanziarie italiane si sono spesso protette non attraverso il libero mercato, ma tramite il sostegno dello Stato, delle banche o di altre reti di potere. Il capitalismo italiano è stato storicamente un “capitalismo di relazione”, in cui le crisi aziendali non si risolvono con il fallimento o con il mercato, ma con l’intervento di altre élite finanziarie o istituzionali.
- Culturale e mediatico – Il mondo dell’informazione e della cultura è dominato da gruppi che si difendono a vicenda: quando una parte viene messa in discussione, spesso trova sostegno non nel pubblico, ma in altre élite culturali e mediatiche che, pur concorrenti, preferiscono difendere il sistema piuttosto che aprire alla discontinuità.
Il paradosso dell’elite contro l’élite
Questo sistema ha una conseguenza chiave: il conflitto tra élite non porta mai a una vera rottura, ma a una ristrutturazione interna del potere. Ogni crisi, scandalo o cambio di leadership non rappresenta una rivoluzione, ma solo un riassestamento tra gruppi dominanti. È un meccanismo che perpetua lo stesso sistema, impedendo un vero rinnovamento.
In questo senso, il modello italiano è unico: mentre in altri paesi le élite sono spesso più rigide o più meritocratiche, in Italia si sono sempre dimostrate fluide e capaci di adattarsi, usando il conflitto interno per rafforzarsi anziché per autodistruggersi. È una sorta di darwinismo dell’élite, dove il potere cambia forma, ma raramente cambia mani.
Domaine de Vizille, Museè de la Revolution Française