L’ipotesi che il presidente del consiglio italiano sia andato a prendere istruzioni alla Casa Bianca, mai fosse vera, deporrebbe a favore del presidente del consiglio italiano. Davanti a due scenari di guerra aperti ai confini del Mediterraneo e dell’Europa, ci mancherebbe che l’Italia pensasse di poter far da sola e se qualcuno lo chiedesse, avremmo a che fare con un disgraziato.
Il rapporto del presidente del consiglio italiano con un presidente statunitense esponente del partito democratico, avrebbe dovuto essere oggetto di valutazione anche da parte dei leader dei partiti socialisti europei riuniti a Roma, che non sembrano essersene resi conto. In particolare, il cancelliere tedesco nemmeno bada alle relazioni con gli alleati europei. Riepilogando, il capo del Pentagono ha detto una cosa chiara, ovvero che se mai l’Ucraina venisse sconfitta, la Nato sarebbe in guerra con la Russia. Queste le istruzioni che provengono dal maggior partner della Nato. Si possono discutere, non si possono ignorare, a meno che si pensi di lasciare la Nato, cosa che la Germania con i russi rimastigli in casa, Kaliningrad è la vecchia Koenisberg, proprio non può permettersi.
I russi da parte loro pensavano di arrivare a Kyiv in una settimana e dopo più di due anni sono ad Adviika. Non l’hanno presa benissimo e minacciano tutto e tutti. Solo in questa settimana hanno perso 14 aerei da combattimento, i morti russi non li conta più nessuno, e l’Ucraina non possiede nemmeno un’aviazione. Una qualche idea a proposito del supporto esterno all’esercito ucraino, devono essersela pur fatta. Putin ritiene la presenza militare Nato in Ucraina una causa di guerra e Lavrov gli ha risposto che la Nato è già in Ucraina. Si tratta di evitare che vi arrivi con le sue truppe ed i suoi armamenti. Per ora ci sono solo dei consiglieri e ieri Kyiv ha colpito San Pietroburgo, Putin dovrebbe prendere delle decisioni più radicali, fosse in grado di farlo o lo ritenga conveniente. La Nato esiste per questo, per rispondere alle decisioni radicali della Russia.
Nel 2009 per la prima volta l’Ucraina chiese all’America armi pesanti. Obama, allora presidente, non comprese nemmeno di cosa gli si parlava. Nel 2014, davanti all’aggressione alla Crimea, Obama mise delle sanzioni alla Russia, di cui appena quella si è accorta e una volta tentata l’invasione vera e propria, Kissinger espresse subito la convinzione che fosse necessario un compromesso. Questa è la posizione di partenza statunitense e non va biasimata, per la semplice ragione che fino al 1991 gli americani hanno considerato l’Ucraina una regione della Russia. Ancora oggi in molti ambienti statunitensi si fatica a cogliere una qualche differenza e comunque si è contrari ad un intervento americano diretto nel Mar Nero. La verità è che l’America avrebbe preferito che Zelensky si mettesse in salvo e pure ha deciso di aiutarlo per ragioni di principio internazionale, non certo strategico. Gli inglesi la pensano diversa.
In questi ultimi due anni, come si capisce dalle dichiarazioni del Pentagono, che impegnano anche la futura amministrazione americana, i presidenti se ne vanno, le strutture difensive degli Stati Uniti restano, la situazione è piuttosto cambiata. Gli analisti statunitensi sono convinti che la Russia non voglia difendere le popolazioni russofone del Donbass, ma tornare ad espandersi nelle aree perdute dalla Cortina di ferro. Anche se non ritengono i russi in grado di affacciarsi sul Mediterraneo, la prova di forza offerta dall’esercito russo finora è giudicata miserevole, gli esperti militari statunitensi temono che presa l’Ucraina gli altri paesi limitrofi finiscano nel mirino. Per la verità persino Svezia e Finlandia sono preoccupate. L’Estonia, è convinta che non sarebbe in grado di resistere ad un attacco nei suoi confronti e l’Estonia è già nella Nato. Per questo i leader europei dovrebbero iniziare a riflettere meglio sulle parole del presidente Macron. Mai ci fosse un dubbio sul loro significato, l’onorevole Meloni è volata direttamente a Washington e tutto sommato, ha fatto bene.
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