Il professor Barbero è uno specialista di storia medievale davanti a cui occorre fare tanto di cappello. Come storico contemporaneo è invece soggetto inevitabilmente al dibattito, soprattutto quando costretto a comparsate controvoglia. Parlando ieri del 1914, Barbero ha ricordato che negli anni che precedettero la prima guerra mondiale “tutte le potenze, Italia compresa, aumentarono le spese militari del 50% in pochi anni, nell’illusione di essere più sicuri”. Il che, ovviamente, non significa affatto, come pure altri, meno eruditi di Barbero hanno detto, che l’aumento delle spese militari comporti di precipitare necessariamente in una nuova guerra. Infatti Barbero ha corretto il tiro aggiungendo “dai, non è vero che quell’epoca somiglia tanto a questa, ci sono tante differenze”. Caspita se ne ce sono, anche se forse la situazione dovrebbe presupporre l’esatto contrario delle ragioni della manifestazione pacifista svoltasi a Roma, ovvero che il riarmo sia non “l’illusione”, ma la speranza di fermare un possibile conflitto che è già in atto. Piccolo dettaglio.
L’analisi storica ha sempre bisogno di essere ricondotta ad un preciso contesto di date ed eventi, perché se si fa della storia una trama di leggi astratte il rischio è di assomigliare ai filosofi scolastici, non a degli storici . Non è che a Bruxelles di punto in bianco si sono svegliati e hanno detto bisogna che ci riarmiamo. Sono passati più di tre anni dal giorno in cui una grande potenza militare ha invaso uno Stato disarmato, e finalmente l’Europa si è posta il problema del riarmo che dal 1991 non riteneva più prioritario, convinta di aver risolto ogni problema al suo interno, e questo si che è stato un errore. Non bastasse, buona parte dei soldi e delle armi a disposizione sono state utili per difendere quello Stato rimasto alla mercè di un altro. Oggi L’Ucraina è diventata più forte della buona metà dei singoli Stati europei e ciononostante si trova ancora sotto pressione dei bombardamenti russi. Di questo non si accorge la piazza pacifista, cioè che le armi per difendersi non sono abbastanza. Ma noi non siamo sotto attacco. E perché, forse che nel 1914 l’arciduca d’Austria venne ucciso in ogni città dell’impero Cacanico?
Meno male che sono tutti preoccupati dall’ipotesi del riarmo tedesco, nemmeno i russi non fossero di stanza a Kaliningrad nel Baltico, la Koenisberg kantiana, Prussia, Germania. La Polonia è già sul chi vive da due anni e lo sono pure gli altri paesi sulla Vistola. La Finlandia e la Svezia hanno rotto la neutralità per entrare nella Nato, che tra l’altro ricordiamo, esiste ancora. Solo qui in Italia ci si può permettere il lusso di dire no alle armi, di passeggiare per la pace. A Varsavia hanno già iniziato a scavare trincee nel centro della città.
Barbero rispetto a coloro a cui si è rivolto la conosce la Russia e non si può pretendere che gliela spieghi, sarebbe tempo perso. Il professore sa perfettamente che l’Ucraina è considerata dai russi il giardino di casa, che il Baltico e la Polonia non possono esistere se non sotto il loro controllo e che persino rivendicano città svedesi e territori finlandesi. Mezzo Artico. Sa che i russi sono arrivati in Italia fin dal 1798 e per cacciarli sono servite le cannonate. E quelli appena hanno potuto, si sono messi a risalire il mediterraneo prima dai dardanelli, poi persino instaurandosi in Spagna.
Solo un branco di stolti come quelli radunati a Roma ieri possono credere che non ci sia un problema di sicurezza per l’Europa, mentre sarebbe perfettamente lecito mettere in discussione la tempistica, il metodo del riarmo, le compatibilità con la spesa sociale, il finanziamento. Tutto questo sarebbe indispensabile e richiederebbe una premessa seria, quella che mancava al Circo Massimo, ovvero che l’Europa è minacciata e lo è dalla Russia dal 1600.
Barbero almeno ha detto di credere che comunque dipenderà essenzialmente da noi fare in modo che l’epoca di oggi non assomigli troppo a quella che ha preceduto “il suicidio dell’Europa nel 1914”, ed ha ragione. Dipendesse dalla piazza di ieri, quest’epoca attuale sarebbe già spacciata.
Museo del riusorgimento mazziniano Genova