Fa piacere sapere che tanti cittadini non si sentano più soli grazie alla manifestazione romana di piazza del Popolo, che amino il pluralismo e le libertà democratiche realizzate in Europa, insieme alla pace utile a tutelarle. Queste sono tutte attestazioni meravigliose che riempire il cuore. L’unica cosa che resta da mettere in chiaro è che se non si difende l’Ucraina, questa Europa dei buoni sentimenti non si realizzerà mai. Ci sarà invece un’Europa sfasciata dalla devastazione dell’Ucraina come suo confine.
Ancora più singolare che si richieda all’America di difendere l’Ucraina, nel senso che l’America è per l’appunto un altro continente che ha come impostazione preliminare riguardo all’Ucraina lo stato di fatto. L’aggressione all’Ucraina è iniziata nel 2014 e fino al 2022 l’America non ha ritenuto necessario intervenire. L’America non tende a distinguere l’Ucraina dalla Russia e chi lo ha fatto, con non poche resistenze, come il presidente Biden non solo ha perso le elezioni, ma è stato rimosso anzitempo dal suo partito dalla stessa campagna elettorale. In parole povere, la trattativa che si è chiesta con la Russia è in ritardo di 11 anni, avrebbe dovuto aprirla Obama, ci si illude che possa chiuderla Trump. Trump si troverà a dover gestire il rifiuto dei russi, o un’ulteriore perdita di tempo, rischiando di apparire come l’allocco che ha dato credito alle promesse o alle buone intenzioni di un criminale come Putin. Trump rischia la sua stessa presidenza, ed i sondaggi sono già brutali nei suoi riguardi, proprio su questo tentativo mal riuscito di pace in Ucraina. Per farla la pace, l’America doveva mandare la flotta e non è detto che non sia costretta comunque ad inviarla.
I tempi stringono. Mentre il presidente Trump si consuma nel nobile tentativo della pace e noi si va in piazza a lodare l’Europa, i russi bombardano al tappeto e contano di guadagnare terreno. Non si fermano con le manifestazioni, come non si fermano con le sanzioni. Le sanzioni hanno rallentato la capacità operativa dell’esercito russo. Non viene quasi praticamente impegnata l’aereonautica, non ha pezzi sufficienti di ricambio e oramai si spostano sui muli, non hanno più carri armati. Tutto questo non impedisce di rovesciare bombe di ogni genere su larga scala. Ne sparano in media cento al giorno, sessanta vengono intercettate, trentacinque esplodono in aria, cinque ti cadono addosso e sono sufficienti a fare danno. Lo stesso vale per le truppe, mandano al fronte soldati ubriachi ma si avvalgono dei rinforzi nord coreani ed hanno una massa di manovra che non riesci più a tenere sotto controllo, come è avvenuto nel Kursk, un’operazione militare formidabile, degna del generale confederato Stuart, andata oltre ogni possibile aspettativa.
Quello che serve oggi non è la piazza, è il tavolo inglese che il premier Starmer ha convocato per valutare quali misure prendere per fermare l’avanzata russa. Se gli europei la fermano, tornano un soggetto politico credibile sullo scenario internazionale. Allora potranno prodigare i loro valori pluralisti e liberali, e trasmettere Michele Serra in mondovisione. Se non vi riescono, sarà la Russia a dettare le condizioni all’Europa dalla sua posizione di forza. Non è questione di avere la verità in tasca, si tratta semplicemente di conoscere la storia degli ultimi tre secoli del continente, che forse qualcuno farebbe bene a tornare a studiarsi. Gli inglesi ci hanno già salvato una volta e adesso sono fuori dall’Unione europea. Prima cosa riportarceli, poi magari avere un governo italiano capace di confrontarsi seriamente con i suoi interlocutori. Le parole del vice presidente del Consiglio nei confronti del presidente francese, sono, più che un disonore, un’ulteriore sciocchezza commessa dall’Italia.
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