Che la situazione dell’economia italiana sia ad un passo dalla disperazione lo si capisce dalla vicenda del Superbonus. Mai si era visto un ministro dell’Economia lamentarsi di una misura auspicata e poi votata da tutti, accusandola di avere avuto un impatto devastante sui conti pubblici italiani. Giorgetti è arrivato al punto di voler inserire una norma retroattiva che lo ha messo prima in contrasto con una componente del suo stesso governo, la prestigiosa Forza Italia che in questa campagna elettorale gode persino dell’appoggio di Oscar Giannino, poi con il sistema bancario italiano. Il ministro Tajani ora dice di volersi opporre per una questione di principio, verrebbe da credere che invece si senta già l’acqua alla gola. Tetra cornice il dibattito al Senato, svoltosi in un aula deserta. Il leader di Azione Carlo Calenda sembrava calcare il palco di una tragedia shakespeariana. Il Superbonus, ha detto, è “figlio di quell’ansia di trovare risorse” per conquistare il consenso elettorale, senza scordarsi “l’incompetenza e l’ approssimazione”. dell’esecutivo. Come Macbeth veniva definito dai i suoi crimini, il governo Meloni si caratterizza con queste. L’onorevole Santanchè fa benissimo a restare al suo posto, dovrebbe dimettersi il ministro Giorgetti. Se il governo fosse una cosa seria, ovviamente.
La Commissione europea bisogna capirla, è necessariamente uno dei principali sponsor del governo italiano e ci mancherebbe. Con una guerra in corso in cui tutta l’Europa è impegnata, il governo italiano si mostra valorosissimo. Non manderà mai un soldato in Ucraina ha detto e si capisce, in compenso spedisce armi letali, tipo i cannoncini Oto Melara, classe 1956, buoni oramai per reprimere una rivolta di piazza disarmata, se caricati a sale. Burro o cannoni? Se si tratta di Oto Melara, anche per Zelensky, meglio il burro. Lo stesso Commissario all’Economia, è un italiano, come si fa a chiedergli di contestare il suo paese impegnato in cotale sforzo bellico? Mettetevi nei panni del povero Gentiloni. Si è presentato alla stampa con un fare dimesso, è salito al microfono e non sapeva dove guardare, a momenti i fogli tutti messi ordinati gli cadevano di mano. Non che Gentiloni sia proprio un esempio di sprezzante decisionismo. Nemmeno è il ritratto dell’estremo imbarazzo che ha inscenato per l’occasione. Cosa ha detto il Commissario? Beh, che ci sono delle differenze fra le previsioni della Commissione e quelle dell’Italia, sia sul deficit, che sul debito. Le differenze sul deficit riguarderebbero al momento delle proiezioni che non sono strettamente comparabili, in quanto il programma di stabilità, come abitudine del governo italiano, non contiene obiettivi di bilancio né per il 2025 né per gli anni successivi. Da cui una qualche comparazione appare semplicemente impossibile. Gentiloni conta di farne una più realistica nei prossimi mesi, un po’ come avviene a scuola con lo studente scarso che viene rimandato a settembre, per non prendersi la pena di bocciarlo a giugno.
Ci sono però anche buone notizie. La crescita. Ahinoi, non dell’economia, del debito. Le previsioni cella Commissione sono ber più alte dii quelle italiane, anche se il Commissario ha spiegato che il motivo principale di questa differenza dipende dal fatto che la Commissione non considera “l’annuncio” del Governo italiano relativo alle privatizzazioni, E si capisce perfettamente che la Commissione non consideri tale annuncio, dal momento che questo avrebbe indicato “addirittura”, si è lasciato scappare l’incredulo Gentiloni, uno 0,7% del Pil. E perché alla Commissione devono essersi fatti una risata quando hanno sentito questa dichiarazione dell’Italia? Perché non ci sono i dettagli per poterla valutare concretamente, si tratta di una semplice sparata. Aspettiamo anche noi con ansa di vedere non solo il piano di privatizzazioni dell’Italia, il governo stava per nazionalizzare l’Ilva, e soprattutto la capacità di profitto che saprà trarre da questo piano. Per realizzarlo, presumibilmente, caro Commissario Gentiloni, Palazzo Chigi dovrà trasformarsi in una Merchant Bank, come ai tempi del governo D’Alema, con la soddisfazione che rispetto ad allora, per lo meno si parla inglese, anche se si confonde il russo con l’africano.
In tutto questo disastro bisogna riconoscere che per lo meno Giorgetti tiene i piedi per terra, almeno lui e ha pronto un asso nella manica, per questo non ha gettato la spugna. La sugar tax, Questa è un’idea davvero portentosa, altro che la flat tax, per chi se la ricorda. Finalmente una misura facilmente realizzabile e persino salutare, troppo zucchero favorisce l’obesità, il diabete, l’infarto. Un po’ di contante da racimolare per le casse esauste dello Stato. Prima che Salvini sperperi anche quello con l’altra genialata del ponte sullo Stretto. Giorgetti non si dimette. Attenti che non si suicidi.
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