Un governo di un qualche decoro si preoccupa accuratamente che il ministro degli Esteri sia riservato esclusivamente alle questioni di stretta competenza del suo ufficio. Questo presume la delicatezza delle relazioni internazionali. Un ministro degli Esteri è lo specchio del governo presso le diplomazie straniere ed in quanto tale, bene farebbe a restare impermeabile di fronte qualsiasi questione possa venir sollevata all’interno del Consiglio dei Ministri. Se per una qualche impellenza inevitabile, il ministro degli Esteri si ritrova ad esercitare il ruolo di vice presidente del Consiglio, occorre allora che il ministro degli Esteri si preoccupi di svolgere tale mansione con grande riservatezza, in maniera da non rischiare di compromettere in alcuna maniera l’immagine del governo all’estero. Tutti gli altri governi giudicano gli atti politici del suo e non troverebbero più un interlocutore con cui confrontarsi preliminarmente se il ministro degli Esteri fungesse da presidente del Consiglio. Appena Mussolini assunse ad interim il ministero degli Esteri del Conte Ciano, l’Italia rimase isolata persino dalla sua alleata tedesca in piena guerra. Inoltre il ministro degli Esteri deve esercitare una funzione fondamentale di schermo sotto cui in caso di necessità il governo possa sempre ripararsi. Per cui se disgraziatamente succedesse che il ministro degli esteri insieme alla carica di vice presidente del Consiglio, fosse anche un capo di partito, la credibilità del governo verrebbe sempre messa in serio pericolo.
Anche volendo sorvolare su tutto questo formalismo novecentesco, siamo entrati in un’era nuova, costumi nuovi, per quale ragione il ministro degli Esteri dovrebbe pubblicamente affermare che rinviare una scadenza sia una scelta di buon senso? Se questa fosse davvero la sua opinione, dovrebbe sussurrarla al presidente del Consiglio non sbandierarla alla stampa. Immediatamente vi saranno coloro convinti dell’esatto contrario, pronti a sostenere che procrastinare una data appena stabilita, contribuisca a sminuire la serietà del governo. E a tutti gli effetti, un governo che non rispetta le scadenze può essere indotto a commettere altri rinvii, in modo che gli stessi cittadini possano ritenere la cosa migliore da farsi in tali circostanze, il non rispettare scadenze alcune, attendendo situazioni più vantaggiose. Il rinvio delle scadenze del governo può dunque rivelarsi un incentivo al caos nello Stato ed il ministro degli Esteri essendosi esposto in tal modo, il primo a perdere la faccia, invece che l’ultimo.
Nel caso in cui si tratti addirittura di un concordato fiscale rinviato oltre i termini della scadenza, la cosa più semplice da pensare sarebbe che il ministro delle Finanze non abbia saputo valutare l’effetto della sua proposta, soprattutto se questa fosse stata dettata da esigenze di cassa. Un ministro delle Finanze che indica una cifra per iscritto e altrettanto fa per illustrare il metodo in cui ritiene di ottenerla e poi si ritrova con il trenta per cento dell’importo previsto, non è che dice poco male, prolunghiamo la data per incassare il rimanente. Presenta le sue dimissioni al governo perché sarebbe lecito pensare che con un tale improvvido ministro al timone, lo Stato sia avvii dritto alla bancarotta. Non il caso di Giorgetti evidentemente, in quanto il ministro delle Finanze resta tranquillo al suo posto, e addirittura quello degli Esteri corre a dargli man forte, scegliendo un argomento logicamente inoppugnabile. Il ministro Tajani, ha pensato di dire “più sono gli incassi, più si tagliano le tasse al ceto medio”. Parole dal suono meraviglioso per le orecchie degli ascoltatori. E se per caso, invece, queste maggiori entrate fiscali, che poi non sarebbero di più, sono meno di quelle preventivate, fossero impegnate per altro dal taglio delle tasse? Il ministro degli Esteri che se ne fosse uscito con tale incauta affermazione, sarebbe chiamato lui a risponderne con il ministro delle Finanze, da cui non si comprende cosa passi nella testa del ministro degli Esteri.
Il rinvio della scadenza del concordato fiscale è stata una nuova disgrazia per il governo, intanto perché appunto risulta l’ennesima conferma che i conti sono sballati, come era già evidente dal dato errato sulla crescita, poi perché bisognerà vedere a questo punto se il debito è sostenibile, altro che tagliare le tasse al ceto medio. Come la mettano Giorgetti, Tajani e Meloni, di una cosa si può già star sicuri, che non verrà tagliata una lira a nessuno..
Domaine de Vizille Museè de La Rèvolution Française, Departement de l’Isere