La Chiesa farebbe bene ad interrogarsi su quale riferimento morale possa offrire nel momento nel quale divenisse incline a sostenere che un popolo, subito un genocidio sotto i suoi placidi occhi, possa commetterne uno a sua volta quando continua ad essere l’aggredito. Tutta la questione mediorientale si rimette al proclama iraniano di distruzione dello Stato ebraico che da trent’anni trova seguaci in Libano, a Gaza e persino in Yemen, senza contare gli Stati che precedentemente all’Iran avevano cercato di distruggere Israele appena costituito. Fosse un altro genocidio, appare piuttosto vasto da compiere. Tanti sono i nemici, che persino San Tommaso avrebbe qualche ragione di dubitare che si possa riuscire a cancellarli tutti.
Molto meglio ricordare un pontefice che invece aveva sottolineato l’importanza del legame fra fede e ragione quando queste riescono a procedere sulla comune strada della non violenza. All’epoca le parole di Ratzinger nella sua lezione di Ratisbona fecero molto scalpore. Il papa tedesco aveva accusato l’Islam di usare la spada per indurre alla conversione. Insorse persino il New York Times, chiedendo che il pontefice si scusasse con Maometto. Si sentiva il bisogno di discutere se fosse il caso che la Chiesa aprisse un contenzioso con la religione mussulmana proprio quando l’occidente era sotto attacco, come a suo tempo lo fu l’impero di Bisanzio. E potrebbe anche darsi che Ratzinger avesse fatto male ad alzare i toni. Di certo la sua preoccupazione aveva un fondamento storico e filosofico piuttosto solido. Nonostante le divergenze, egli legava fra loro cristianesimo ed illuminismo. Questo aspetto della lezione di Ratisbona passò in secondo piano eppure era cruciale dal momento che l’Islam invece, con l’illuminismo, non ha mai avuto alcun punto di contatto. Riuscì a trovarne e proprio a Gerusalemme, uno con il nazionalsocialismo. Hitler ed il Gran Muftì si intesero benissimo ed immediatamente.
D’altra parte abbiamo appena ascoltato con le nostre orecchie un imam, o quello che sia, esaltare a Milano la caccia all’ebreo compiuta nelle strade di Amsterdam. Ovvero egli lodava un’aggressione a degli ebrei che erano andati a vedere una partita di calcio, esattamente come il sette ottobre del 2023 erano ad un festival musicale, mentre nel 1970 alle olimpiadi per partecipare a dei giochi, e risalendo ancora più velocemente gli anni, nel 1944 a Roma nascosti nelle loro case, a Berlino, la notte dei cristalli, nelle sinagoghe raccolti in preghiera. Il genocidio, bisogna pure che la Chiesa lo tenga a mente, si compie su popolazioni disarmate, non su combattenti che ti ammazzano, perché se elimini chi ti minaccia di morte, la tua è una legittima difesa. Che poi la Chiesa abbia qualche tentennamento a proposito lo si capisce quando leggendo il quotidiano dei vescovi l’Avvenire, questo lamenta ricorrentemente l’altro presunto genocidio avvenuto sugli indiani del nord America che pure ti scotennavano se attraversavi il loro territorio. Alla faccia della dottrina dell’eguaglianza.
Ovviamente uno spirito emancipato e timorato chiede sempre una lecita proporzione all’offesa ricevuta. Un buon cristiano non vive nel passato, mette sul piatto i tremila morti israeliani con i 40 mila arabi dell’ultimo anno e dice sono troppi. Verrebbe solo da stimare la differenza sulle trentamila bombe cadute su Israele in questo scorcio temporale. Per cui se si vuole rimproverare Israele di difendere meglio i suoi connazionali di quanto facciano gli arabi, questo è vero. Soprattutto pesa un fattore religioso. Gli ebrei non credono nella vita eterna e quindi cercano di preservare meglio questa misera terrena che si ritrovano a condurre, se non dispiace troppo. Forse è questo che si rimprovera loro, il legame che il cristianesimo, oltre che con l’illuminismo, ha pure con l’islamismo e su cui Ratzinger aveva ritenuto il caso sorvolare. Benedetto XVI, degno successore di Giovanni Paolo II, era pietoso e di un livello mirabile anche per chi con la cristianità non ha proprio niente a che fare..
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