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Ritorno al despotismo della libertà

Riccardo Bruno di Riccardo Bruno
17 Marzo 2023
in L'editoriale
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La decisione del presidente Macron di deliberare al di sopra del Parlamento, articolo 49, è perfettamente costituzionale. La Quinta Repubblica francese, voluta da De Gaulle e ratificata dal referendum popolare pone i partiti e le Camere in una condizione complementare rispetto al governo. Nel caso in cui il Parlamento approvasse una mozione che ricusasse il decreto presidenziale, si aprirebbe una crisi politica tale per la quale il governo dovrebbe dimettersi. Poiché fino a questo momento il presidente francese ha mostrato di saper fare ben i conti è possibile che la sfanghi. I neo gollisti, i Republicain, che gli avevano assicurato di approvare la riforma per poi tirarsi indietro,adesso dicono che non faranno nulla contro in aula, e possono ancora essere presi sul serio. Risolta la questione politica istituzionale, Macron deve solo più affrontare quella della piazza, per la verità un po’ più complessa.
Il sindacato principale del Paese, la Cgt è scossa dalle smargiassate di un marsigliese che ha già promesso di incendiare l’Eliseo, esattamente come il suo concittadino Barbaroux fece con le Tuileries il 10 agosto del 1792. La differenza è che il capo girondino sarà ricordato come un eroe della libertà, il sindacalista, come un vero tanghero.

Nessun sistema economico occidentale può più reggersi mandando i lavoratori in pensione a 62 anni. E’ altrettanto chiaro però che i lavoratori francesi vogliano continuare ad andarci lo stesso, anche nel caso in cui non ci fossero i necessari sostituti della nuova generazione a prenderne il posto. A sostegno di Macron c’è infatti anche questo aspetto, la Francia è un ex impero coloniale con un processo pregresso di migrazione molto più esposto di altri paesi europei. Se coloro che una volta nazionalizzati, fossero di provenienza africana o indocinese, hanno poi dato il loro contributo ad implementare il modello francese, i loro figli e nipoti sono molto più restii a farlo. Lo si capisce dai problemi delle banlieue, ma anche dalla visione culturale che emerge in un paese in cui il romanzo “Submission” di Houllebecq ha battuto ogni vendita. La Francia in generale consente di avere più di un dubbio sulla possibilità di integrazione delle diversità, e questo nonostante gli ottimi propositi dimostrati da tanti governi. Non è affatto detto che si possano sostituire i nostri bravi pensionati 62enni, piuttosto di accelerare un processo pauperistico nel paese. Anche sotto questo profilo sarebbe opportuno che Macon la spuntasse. La domanda è quali strumenti dispone davvero il presidente per riuscirci, senza il numerico appoggio del parlamento e con la rivolta di piazza? De Gaulle contava sul carisma personale per affrontare simili evenienze, Macron non ha ancora raggiunto questa statura.

A suo tempo Marat aveva le stesse ragioni di Macron nello spingere avanti la Francia sulla strada della rivoluzione e pure difficoltà maggiori. Allora approntò la formula di grande successo de “il dispotismo della libertà”, che significa sostanzialmente affidare un processo politico liberale ad un esito che preveda una necessaria costrizione, meglio se armata. Furono tali e tanti gli strumenti a disposizione di Marat che comunemente ci si dimenticò e anche prestissimo dei suoi sinceri intenti liberali. Si sostenne persino che lui, che aveva rifiutato la dittatura offertagli dal popolo e venne ucciso con un coltellino da una ragazzetta sciroccata nella stanza da bagno, fosse un tiranno. Povero, splendido Marat. Fu travolto principalmente dai suoi scrupoli. Macron rischia invece di essere travolto proprio solo dal suo liberalismo.

CCO

Tags: MacronMarat
Riccardo Bruno

Riccardo Bruno

Riccardo Bruno si è laureato in Storia della Filosofia presso l'Università di Roma La Sapienza nel 1988. Dal 1987 al 1989 collabora all'Ufficio esteri del PRI diretto dall'onorevole Vittorio Olcese. Dal 1994 è capo ufficio stampa del PRI, dal 1995 giornalista professionista iscritto alla stampa parlamentare. Nel 1999 è capo redattore de La Voce Repubblicana. È stato poi editorialista per il Foglio di Giuliano Ferrara e l'Indipendente di Vittorio Feltri. Dal 2019 è prima vice direttore de La Voce Repubblicana e poi direttore politico

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