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14 settembre 1812, Mosca brucia meritatamente

Riccardo Bruno di Riccardo Bruno
14 Settembre 2022
in Cultura
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Sono diversi gli storici convinti che Napoleone non avesse nessuna intenzione di invadere la Russia, e tutti dispongono di validi argomenti. La struttura della Grande Armata era difensiva e concentrata sulle frontiere del granducato di Varsavia. Quando i russi muovono da nord con il feld maresciallo Barclay e da sud con il generale Bagration, Napoleone schiera tutto il suo esercito con l’intenzione di impedire la riunificazione delle loro colonne ed annientarle. Questo lo scopo. Quanti soldati componevano la Grande Armata? Non c’è modo di sapere se 500 mila o 700 mila, ma solo che i francesi in quanto tali non erano più di trecentomila, le truppe sono fornite dalle nazioni alleate. Duecentomila restano sul confine  e quindi dai trecento ai cinquecento mila uomini passano il Niemen. Trentamila rimangono a Vilnius, 50 mila a Smolensk. Poi ci sono le vittime,  gli sbandati ed i disertori durante tutto il percorso compiuto. A Borodino Napoleone arriva con 130 mila uomini di cui 35 mila restano sul campo. Con meno di centomila entra a Mosca.  Sono 50 mila di quei 90 mila quelli che ritorneranno, per cui è più facile credere che la Grande Armata entrò in Russia con trecentomila uomini, anche perché Bonaparte nella campagna di Francia avrà bisogno di cavalli non di uomini.

Bagration arrivato a Vilnius se la fa sotto e arretra fino a Smolensk per non venire intercettato. 515 chilometri percorsi all’indietro con Bonaparte alle calcagna. Solo a Smolensk i russi possono riunire le armate e dare battaglia. Cosa fa Bonaparte che ha allungato la sua linea senza nessun criterio? Espugna Smolensk. I russi iniziano una nuova ritirata verso Mosca che porta a Borodino, altri duecento chilometri di distanza.  Napoleone li percorre. Vuole annientare la forza nemica residua. Sembra un delirio. Caulaincourt è l’unico che osa contraddire apertamente l’imperatore.  Fu Caulaincourt a catturare il duca d’Enghien e probabilmente anche a fucilarlo. E d’altra parte Caulaincourt non smette di ammirare il suo mentore. Qualunque esercito si fosse trovato davanti alle forze russe concentrate a Borodino dopo il percorso fatto e con le perdite subite, sarebbe stato spazzato via e Bonaparte ha meno cannoni dei russi.  Eppure anche qui si discute se Borodino fosse un vittoria di Napoleone piuttosto che un successo di Kutuzov, quisquilie. Borodino fu un nuovo trionfo del genio militare di Bonaparte e questo solo per essere riuscito a far sgomberare il campo a un nemico riposato, nutrito e trincerato. Von Paulus cento trenta anni dopo a Stalingrado si dovette arrendere con tutta la sua armata. Napoleone ha  la strada libera verso Mosca a solo più cento chilometri di distanza. Pura avventura, pura improvvisazione. Lo rimprovererà Stendhal per tanta temerarietà. Caulaincourt gli dice, Sire qui il tempo precipita venti gradi sotto zero in una notte. E l’Imperatore, Ma come? A metà settembre il clima è più mite che a Parigi.

Napoleone a Mosca aspetta la resa dello Zar.  Scrive ad Alessandro come ad un fratello di volere la pace, non destabilizzare il suo trono. Napoleone non seppe mai valutare le monarchie contro cui combatteva. Credeva di poter essere accettato lui che guidava il paese della Rivoluzione. Aveva chiesto in moglie la sorella dello Zar e poi sposato la figlia dell’imperatore d’Austria, senza nemmeno accorgersi del disprezzo provato nei suoi confronti.  

Dostoevskij è convinto che il nichilismo sia un’eredità della Francia rivoluzionaria. Hanno ucciso il re, bruciato le chiese, messo l’uomo al centro dell’universo. Napoleone era il mostro uscito da questa notte infernale. Dal canto suo Bonaparte rimase atterrito dall’incendio di Mosca. Lui aveva bruciato e distrutto villaggi di ogni tipo, ma mai toccato una capitale o i suoi abitanti. Il simbolo della cittadinanza di una nazione gli era sacro. Vedendo le cupole di Mosca in fiamme si irritò con Cauleincourt, dovevi dirmi che questi russi non rispettano niente.

Foto CCO

Tags: MoscaNapoleone
Riccardo Bruno

Riccardo Bruno

Riccardo Bruno si è laureato in Storia della Filosofia presso l'Università di Roma La Sapienza nel 1988. Dal 1987 al 1989 collabora all'Ufficio esteri del PRI diretto dall'onorevole Vittorio Olcese. Dal 1994 è capo ufficio stampa del PRI, dal 1995 giornalista professionista iscritto alla stampa parlamentare. Nel 1999 è capo redattore de La Voce Repubblicana. È stato poi editorialista per il Foglio di Giuliano Ferrara e l'Indipendente di Vittorio Feltri. Dal 2019 è prima vice direttore de La Voce Repubblicana e poi direttore politico

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