Affidarsi ad una qualche interpretazione meccanica del voto del 12 giugno potrebbe rivelarsi rapidamente un errore fatale. Il voto si accompagna con un clamoroso fallimento della partecipazione al referendum che segna una punta di distacco della cittadinanza dai temi più specifici della politica. Nessuna spiegazione può colmarla. Pensare che il declino del movimento cinque stelle, palese e impressionante, riconsegni l’Italia al bipolarismo, sarebbe un’altra illusione. L’elettorato fugge da tutte le parti, soprattutto le urne. Ancora più grave potrebbe essere credere che il centrodestra unito sia vincente. Intanto perché il centrodestra non era unito affatto, era palesemente diviso, sul referendum e soprattutto sul governo, e lo rimarrà. Poi perché ammesso che l’unità su un candidato sindaco salvi la facciata, dipende per lo meno dalla qualità del sindaco. A Roma come a Milano, il centrodestra l’anno scorso era stato unitissimo e aveva perso, mentre dove ha vinto ieri era perché considerato capace il sindaco.
È vero invece che il Pd è il primo partito emerso in voti da questa tornata parziale, solo che non può permettersi di festeggiare. Su scala nazionale si trova un problema davanti degno dell’asino di Buridano. Per essere competitivo alle politiche dovrebbe saper fare un’alleanza sul genere di quella di Berlusconi nel 1994 articolata con 5 stelle ed area riformatrice che fra loro non si parlano. Perché è anche vero che l’area riformatrice è in crescita, una buona notizia per il mondo democratico liberale a cui il Pri ha dato il suo contributo in liste ed eletti, ma senza una legge elettorale adeguata su scala nazionale, questo risultato non sarà sufficiente. Abbiamo l’esempio inglese da tenere a mente dove un partito liberal al 20 per cento con il sistema maggioritario secco elegge dieci, quindici deputati. In Italia con un semi proporzionale come quello attuale, anche con il 25 per cento ne eleggeremo forse 50.
Ad un elettorato frastornato e riluttante come il nostro e ad un Paese che ancora si trova in una situazione piuttosto delicata, mentre una parte d’Italia votava, un incrociatore russo si affacciava davanti alla Puglia, occorre dare un obiettivo concreto. Noi abbiamo appena proposto al nostro 50esimo congresso di proseguire l’agenda Draghi anche e soprattutto nella prossima legislatura e per realizzare un simile proposito, il segretario nazionale Corrado de Rinaldis Saponaro ha lanciato l’idea di una costituente repubblicana aperta a tutti coloro che si riconoscono in un progetto europeista ed atlantista come quello messo sul tavolo da Mario Draghi. Dal voto di ieri, questa proposta, complessa e tutt’altro che meccanica, sembra uscire rafforzata.