Ad un anno dall’invasione dell’Ucraina, la Russia avrebbe predisposto un nuovo piano di invasione, il che dovrebbe voler dire perlomeno che qualcosa non ha funzionato. Mentre la stampa italiana, presunti esperti internazionali, ma dove lo hanno preso il professor Orsini?, e persino le riviste di difesa specializzate ci spiegavano allora che l’avanzata russa sarebbe stata inarrestabile, questo modesto giornale ha sostenuto tre argomenti completamente avversi. Il primo di tipo generale, non si capiva come a distanza di settant’anni dalla catastrofe della seconda guerra mondiale, qualcuno potesse pensare di sottomettere con le armi uno Stato indipendente e sovrano. Il secondo di tipo particolare, ovvero che la Russia quando invase la Cecoslovacchia nel 1969 un paese grande la metà dell’Ucraina e con una popolazione numericamente molto inferiore, predispose 500 mila effettivi al confine. Nel 2021 gli strateghi russi pensavano invece di conquistare l’Ucraina con solo 250 mila soldati, senza contare che i mezzi dell’Armata rossa all’epoca erano ancora d’avanguardia, ma se impiegati a 50 anni di distanza, non lo erano più. Gli ucraini hanno fermato i carri russi con i droni fatti in casa. Il terzo argomento era infine di tipo specifico, non si era mai visto nella storia militare disperdere su più obiettivi e molto distanziati fra loro, l’intera forza d’urto di cui si possiede. I russi avrebbero per lo meno dovuto contare su due fattori, nessuna resistenza ucraina, anzi una collaborazione diretta da parte della popolazione, e una catena di rifornimenti eccezionale. Ovviamente non ci sono stati né l’una, né l’altra. I russi sono stati mandati al massacro. In dieci anni di guerra in Afghanistan hanno dichiarato trentamila perdite e hanno dovuto lasciare quel paese a gambe levate, in un anno in Ucraina hanno perso quasi 200 mila uomini. Il capo della Wagner lamenta che solo nel suo raggruppamento le perdite sono di cento uomini al giorno e si scaglia contro il sistema organizzativo dell’esercito accusandolo di incapacità bella e buona. E meno male che la volpe della steppa, Medvedev, vorrebbe istituzionalizzare un esercito di mercenari!
Il nuovo piano di invasione, già iniziata, a Vulhedar un’intera brigata della marina russa è stata subito annientata in poche ore, mostra sicuramente una razionalità militare maggiore. Non si pensa più di inviare un corpo d’armata a Sebastopoli e un altro su Kyiv. Ci si accontenta di chiudere il Donbass, dove i russi hanno mantenuto posizioni rilevanti, in una sacca. Questo servirebbe ad isolare e magari annientare le truppe ucraine che sono state protagoniste della controffensiva autunnale. Premesso che un simile piano non comprende Odessa, e senza la conquista di Odessa, davvero il presidente del consiglio italiano ha ragione a dire che non si capisce il senso di cosa stiano facendo i russi, per lo meno appare meglio architettato. Avanziamo una sola controindicazione. L’esercito ucraino si è rinforzato di nuove armi di difesa rispetto all’anno scorso, mentre questo russo ha subito un’emorragia sin dai comandi migliori che sono già caduti. È sempre molto difficile costruire una nuova armata dal nulla. Era però proprio un generale russo a spiegare come in guerra non contassero le armi e nemmeno il numero degli uomini, ma soltanto le motivazioni ideali. Qui di ideale si vede solo la frustrazione di Putin.
Questo giornale ha sempre escluso l’ipotesi nucleare perché se è vero che i russi dispongono di migliaia di testate, non hanno speso a sufficienza per la manutenzione delle stesse. Se poi mai le usassero sull’Ucraina esporrebbero a rischi i loro stessi confini, mentre se le usassero altrove sarebbero bersagliati da ogni paese della Nato che dispone di piattaforme a ridosso dei siti strategici russi che se ben vedete, sono meno di quelli dei paesi della Nato. Dispiace per tanta stampa accreditata, ma in una guerra atomica non contano le testate, ma la quantità dei siti che le preservano. A Putin non servono altre testate ma altri siti. Per cui quello che davvero sorprende è che Putin non abbia ancora gettato la spugna. Questo lo abbiamo sbagliato, non ritenere che Putin facesse finta di niente e rilanciasse sul piatto senza disporre di una sola fiches in mano. Abbiamo in pratica anche qui commesso l’errore che la povera Anna Politovskaja rimproverava all’Occidente. Dare un credito di qualunque tipo ad un maniaco criminale seriale arroccato al Cremlino da più di vent’anni.
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