L’Unico successo conseguito da Putin in un anno di invasione era quello di evitare un biasimo diretto da parte delle Nazioni unite su quanto avveniva in Ucraina. La Russia fino a questo momento poteva dire di avere un problema con l’America e con la Nato e nel giorno dell’anniversario dell’invasione Putin contava di poter vantare la conquista di Bakhmut, una piattaforma più avanzata per la seconda famosa offensiva promessa. Si è trovato una risoluzione dell’Onu che gli chiede di ritirarsi e di farlo “immediatamente”. Tutti coloro che soprattutto in Italia starnazzano contro gli aiuti militari all’Ucraina, o lamentano le mancate iniziative di pace congrue, non vediamo una proposta di pace, è l’argomento piagnucoloso, come se la pace possa essere offerta dalla vittima, adesso hanno un quadro di riferimento internazionale stabilito dall’Onu. La “pace giusta” secondo l’Assemblea generale dell’Onu si fa solo se la Russia si ritira dai territori occupati e lo deve fare subito. Magari non è chiarissimo se anche la Crimea è compresa in questo lotto del ritiro, ma la questione al momento è irrilevante, la Crimea è un dono della Russia all’Ucraina, per cui potrebbe anche essere contesa e materia di trattativa. In ogni caso non certo fino a quando i carri armati russi restano nel Donbass.
Al Cremlino vivono da tempo in un mondo tutto loro e ancora non sembrano rendersi perfettamente conto di cosa comporta una risoluzione come quella approvata, seppur con l’astensione della Cina e dell’India, “sulla pace giusta”. Una tale risoluzione, se i russi non l’ottempereranno, avrà conseguenze dirette sul campo. Fino a questo momento i russi hanno preso tante mazzate, nonostante i vincoli che i paesi occidentali abbiano mantenuto nei confronti delle forniture militari offerte. Niente aviazione, niente armi a lungo raggio, niente soldati. Vincoli che dopo la risoluzione dell’Onu non esistono più. La Russia si deve ritirare immediatamente, questo chiede l’Assemblea generale, altrimenti ne pagherà le conseguenze. È la famosa storiella di Zelensky che racconta di un Putin elencare le perdite russe all’ambasciatore cinese. – Abbiamo perso 150 mila uomini, 60 mila carri armati, 5 mila aerei, 16 mila elicotteri. E L’ambasciatore cinese: – Caspita!, e la Nato? Quali perdite avete inflitto alla Nato? Al che Putin gli risponde, “la Nato, non è ancora arrivata”. Appunto, alla Nato, per arrivare, serviva una risoluzione delle Nazioni unite.
Ad un anno esatto dall’invasione del 24 febbraio, Putin è riuscito ad ottenere l’ingrandimento della Nato, Finlandia e Svezia che entrano, l’ampiamento dell’Unione europea, l’Ucraina non potrà più essere esclusa e una risoluzione dell’Onu che fino all’altro ieri si era occupata d’altro. Non c’ è più “un’operazione speciale”, in Ucraina c’è una guerra di aggressione destinata a trovare sul campo la risposta congrua che ancora non è venuta. I tanti amici italiani su cui Putin può confidare, se ne facciano una ragione. Non potranno più dire al punto a cui siamo giunti, non diamo le armi all’Ucraina, senza manco accorgersi che il ruolo italiano è stato principalmente simbolico in questa vicenda. Dovranno chiedere invece di uscire dalla Nato e di schierarsi all’Onu con la Cina e l’India, sempre che non abbiano la faccia tosta di chiedere di schierarsi per chi sostengono davvero, l’autoritarismo russo. Un autoritarismo che ha creato all’interno della Russia un dissenso compatto quanto quello che c’era ai tempi di Breznev. Non che il dissenso sovietico abbia mai interessato più di qualche minoranza dalle nostre parti, intenti come si era a cercare di fare affari con i russi, cosa volete importasse. Il punto è che quel dissenso capovolse la cortina di Ferro, figuratevi se un dissenso altrettanto forte non capovolgerà quella di latta di oggi.