Metti un’amicizia, e non un’amicizia qualunque, ma l’amicizia tra due giganti del Rinascimento, in un quadro italiano ed europeo. Rinascimento che non fu solo un periodo, un’epoca, ma “una nuova concezione del mondo e della vita”. «Compito degli umanisti era quello di scoprire, recuperare ed emendare i codici della grande letteratura classica, la parola e le arti del linguaggio». E “il concetto stesso di Rinascimento […] fu un’invenzione del Rinascimento. Segni e sogni di istanze di riforma sia religiosa che politica (Gioacchino da Fiore, san Francesco, Cola di Rienzo) si manifestarono in Italia”. «La svolta del XV secolo non solo fu auspicata ma anche sperimentata. La metafora della rinascita diventa coscienza della rinascita: era un fenomeno in atto sotto gli occhi di tutti. Lorenzo Valla consapevolmente scriveva: “Le lettere e le arti, per tanto tempo cadute così in basso da parere quasi morte, ora si risvegliano a nuova vita, restituendo la lingua di Roma a tutte le discipline”». Nella lettera di Marsilio Ficino a Paolo di Middelburg abbiamo riferimenti alla mitica età dell’oro per riferirsi alla realtà percepita, al suo abitato splendore splendore”».
«Greci e romani crearono la prima forma di educazione occidentale che conosciamo. Gli uomini medievali crearono una educazione fondata sulla logica e sul Cristianesimo. Con L’umanesimo avviene la terza forma pedagogica con l’istruzione scolastica basata sui classici latini e successivamente anche greci. Gli umanisti istituirono gli studia humanitas; la parola humanitas – tipica di Cicerone – va intesa nel significato greco di paideia, cioè cultura, istruzione. Nel tardo Quattrocento il termine umanista designa il maestro di lettere classiche e solo in un secondo momento esprime il cultore della classicità. Humanitas traduce paideia per indicare un ideale di educazione secondo i modelli dell’antichità classica. L’umanesimo comincia con una esigenza filologico-critica volta a ridare agli antichi il loro volto, ai testi la loro voce originaria».
Ma di amicizie rinascimentali dovevamo parlare. Perché questo ci offre Romano Ruggeri, pubblicato da Morlacchi nell’elegante collana Ritratti di pensiero. Quella tra Polidori Virgili (di cui Ruggeri ha già proposto, anche in edizione francese, gli Adagia Humana) ed Erasmo da Rotterdam. «Parlare di amicizie rinascimentali tra umanisti non solo italiani ma europei significa, da un lato, fare riferimento a un nucleo ideologico di venerata antichità classica, dall’altro, al valore culturale della mobilità, della diaspora europea degli umanisti e relativi contatti e scambi, incontri e ricezione culturali. La vera amicizia era contrassegnata dalla virtù intesa in senso classico, le cui caratteristiche erano: equilibrio, armonia, rispetto, sincerità, bontà e disponibilità. L’amicizia deve essere finalizzata al bene, dev’essere di giovamento all’amico; l’amicizia comporta la condivisione di pensieri e propositi comuni (omnia inter amico communia). […] Gli umanisti apprezzavano molto la corrispondenza epistolare perché vedevano in essa non solo un esercizio stilistico letterario ma un forte legame umano. Essi credevano di essere legati da un’amicizia sacra e divina; l’amico è sempre un compagno di studi legato all’amico da un’affinità spirituale». Il carteggio proposto si chiude con una promessa di Polidoro: “Come tante volte ti ho scritto una buona volta ti farò visita”. Questo perché i due probabilmente non si incontrarono mai. Eppure dalla loro intimità di spirito riusciamo a ricostruire stati d’animo, tensioni, preoccupazioni e, più in generale, il clima culturale di un’epoca che ha scritto la storia. E alla fine di quel sogno, a margine, abbiamo le macerie e la disillusione, quella di un’epoca, la nostra, che non sente più nemmeno il bisogno di immaginarsi grande e che, inquieta, lacerata, si trascina appresso a una tecnica a cui è appeso ogni orizzonte, ogni futuro, ogni destino.