Deve essere stata colpa del professor Barbero che ha riesumato il riarmo degli anni precedenti al 1914 e tutti si sono buttati a rivangare la storia, anche se un po’ più a casaccio. Barbero si riferiva alla guerra ’15 ’18 del secolo scorso, non a quella dello Smoot–Hawley Tariff Act, del 1930. Tra l’altro, già alla fine del 1933 quella legge venne abbandonata senza che si fosse verificata nessuna guerra guerreggiata. Al contrario, Roosevelt nel corso del primo anno del suo mandato, con i dazi ancora in vigore, presentò un piano per la pace all’Europa accolto nel gelo completo dei destinatari. Esclusa la nuova cancelleria tedesca che si disse entusiasta. Per cui se è già difficile trovare una qualche somiglianza di oggi con gli anni venti del secolo scorso, figurarsi con gli anni trenta. Non c’erano mica stati vent’anni di globalizzazione quando il senatore Smoot chiese i dazi al Congresso. Senza contare che all’epoca la Cina era una colonia bullizzata da russi, giapponesi, inglesi, piuttosto lontana dalla strada della modernizzazione. Quale rapporto storico si possa mai vedere con gli anni di adesso, non si capisce.
Infatti non siamo tornati a Roosevelt, figurarsi ad Hoover, in compenso per qualche settimana possiamo goderci di nuovo Joe Biden. .Quattro anni fa l’l’amministrazione Biden era convinta che la Cina avesse mentito sulle origini del Covid, sospettando un’arma lanciata per il rallentamento della crescita in occidente. La Cina aveva frenato, anche Europa ed Usa dovevano farlo. Il pallone-spia cinese, fu anche peggio. Pechino asseriva di non saperne e Biden si gettò contro Xi, “un dittatore”.. Nulla offende più della verità. Addio relazione speciale. Il consigliere per la sicurezza Jack Sullivan tirò fuori l’idea del “cortile piuttosto ridotto”, con un “muro parecchio alto”. Si trattava di un protezionismo anticinese, pre Trump. Trump ora lo ha esteso ad ogni comparto e ampliato del cento per cento, ma la strada è quella tracciata da Biden, per cui dei cinesi non ci si può più fidare. Poi Biden stesso si accorse di come la Cina fosse organica al settore finanziario ed industriale americano e non la si potesse isolare in tempi medio brevi. A maggior ragione, se ne accorgerà anche Trump, per lo meno se tiene accanto a se un Musk che prospera sulla componentistica cinese per le sue auto.
Anche detestandosi, America e Cina sono interconnesse, e Trump appare già molto più duttile di Biden. Ha detto che troverà un accordo anche con i cinesi. Presto la Casa Bianca si accorgerà che dei russi si può fare anche a meno, non ce nè alcun bisogno, mentre dei cinesi è impossibile liberarsi. Questa verità per Biden fu un colpo molto duro. Il vecchio presidente aveva ancora un’impostazione politica nella logica da guerra fredda e non amando Nixon, era un kennediano convinto, non sopportava la partnership con Pechino, così come non sopportava Mosca. Biden fu un presidente dell’era precedente alla globalizzazione ed è questo che ha pesato sull’ipotesi di un suo secondo mandato. Quando Trump, con i suoi dazi, è sembrato voler riportare l’America addirittura agli anni trenta del secolo scorso. Un paradosso vero e proprio. Lasciandoli alla sola Cina, ha fatto un balzo fino a Biden. Quando e se li toglierà del tutto, arriverà finalmente all’epoca contemporanea. Ce la potrebbe anche fare.
Chi non ce la farà sono quelli che già hanno bollato l’America come un ex paese democratico, perché aveva messo i dazi, che pure sono stati sospesi. I soli mercati in America sono capaci di piegare la volontà di un presidente in meno di 48 ore. Il capitalismo, quando è così diffuso non ama le soluzioni autoritarie. Nelle quotazioni di borsa degli Stati Uniti non perdono solo gli arcimilionari, ma anche l’azionariato operaio, centinaia di migliaia di voti che si organizzano ogni due anni. Hai voglia a costruire una democrazia come quella americana. Resiste persino a Trump.
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