La guerra commerciale con la Cina, Trump, l’ha già persa. Basta il video impietoso creato dall’intelligenza artificiale cinese a dimostrarlo. Il mito della classe operaia americana è degno degli anni del fordismo. Non è che la Cina, perfidamente, si è introdotta nei mercati occidentali. Sono gli imprenditori americani che preferiscono rivolgersi alla manodopera asiatica, in patria come altrove, dai tempi della conquista del West. Mentre i consumatori cercano quei prodotti. L’operaio americano guadagna più in malattia che in fabbrica ed il consumatore spende meno comprando merci cinesi. Il welfare prima della globalizzazione ha fiaccato la manodopera occidentale. Poi ci sono i costi e infine la disponibilità, quella asiatica è sovrastante. Se infine Trump si mette a dire che “i dazi sono belli”, ricordando Padoa Schioppa, “sono belle le tasse”, e Xi gli risponde “il protezionismo non porta da nessuna parte”, viene giù anche la dottrina. Non importa che la Cina sia protezionista, schiavista e con aspirazioni coloniali. Il premier spagnolo è già corso a Pechino. Solo annunciando i dazi, Trump ha fatto crollare i mercati e sospendendoli non li ha rassicurati. La presidenza statunitense è montata sul vagone delle montagne russe, con buona pace dei risparmiatori e degli investitori che hanno mal di stomaco
Trump esercita pur sempre un fascino mefistofelico sul suo elettorato e questo gli consente ancora di far credere davvero che la sua soluzione sia quella del benessere promesso. Solo che la nazione americana è già la più ricca al mondo e i dazi sembrano tanto una misura per non affrontare il problema autentico del capitalismo americano, la ridistribuzione del reddito. Hai voglia ad esortare tutti ad arricchirsi. Questo lo diceva anche Guizot in Francia nel 1847. Tempo un anno, ci sarebbe stato il ’48. Trump evita sempre riferimenti al passato. Mai ne facesse, avrebbe di che preoccuparsi.
L”altro lato della guerra commerciale alla Cina è la guerra guerreggiata della Russia, la stessa medaglia. Trump ha promesso di farla finire ed è in un tragico ritardo. La notizia dei cinesi che combattono in Ucraina è drammatica. Pechino dice che sono mercenari, ma la Cina comunista ha fatto in tutto tre guerre, una in Tibet, contro i monaci, l’altra in Corea da comprimario e quella al Vietnam nel 1979. Escluso il Tibet, un successone, subì tante di quelle perdite, da dimenticare i conflitti armati per quasi 50 anni. L’ipotesi che abbia ricominciato è abbastanza inquietante vista la situazione del Taiwan. E la Cina non è sola. Ha la Russia, la Corea del Nord, l’Iran, accanto. Trump ha iniziato dall’anello debole della catena, l’Iran, bombardando il suo braccio armato in Yemen.
Curioso che chi accusa Trump di disgregare l’Europa, o di minacciare l’Occidente, non sappia di cosa faccia la squadra navale europea a guida italiana inviata a difendere il traffico nel golfo persico. L’accesso al canale di Suez è garantito dalla Truman americana da cui partono gli Fa 18 Hornet. Se domani l’esercito regolare dello Yemen attaccherà i ribelli a Sanaa, vorrà dire che l’Iran si è ritirato dallo Yemen. A Teheran allora si sarebbe aperta una crisi di nome Trump. Fino a quando non avremo chiaro di cosa succede in Iran, non sapremo cosa davvero avverrà in Ucraina. In ogni caso per Trump la situazione militare non è compromessa come quella commerciale.
L’America fronteggia un’alleanza che comprende quattro nazioni armate, di cui almeno tre già combattono. Trump non può contare sull’Europa che non manda soldati nemmeno in uno scenario di guerra alle porte di casa. Ovvio che pensi almeno all’unificazione del continente americano, la Groenlandia per l’importanza strategica nell’Artico, più del Canada. Il canale di Panama e avrebbe bisogno dell’intero Messico. Parla di tutto questo nel modo peggiore possibile per uno statista, è vero. Trump, lo ha detto, teme di essere ad un passo dalla terza guerra mondiale. E noi ci si preoccupa della salute del papa, c’è un dibattito appassionante sulle coppie arcobaleno.
Il New York Times ha ricostruito nelle settimane scorse la presenza di una brigata americane in Ucraina, quella che ha fermato l’avanzata russa del 2022, trecento i militari intervistati. Il cugino del presidente Vance ha fatto due anni al fronte in Donbass. Per poter dire qualcosa sull’Ucraina a Trump, dovrebbero esserci soldati europei impegnati. Ci sono quelli americani che ancora stanno combattendo.
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