Grazie a Dio Economist non è il vangelo. È il settimanale che nel 1991 spiegava come con la caduta del socialismo reale il mondo sarebbe diventato rapidamente liberale e la felicità dei suoi abitanti assicurata. Sappiamo bene come è andata, tanto che ad un certo punto da Economist arrivarono le scuse per previsioni così sballate. Anche il loro particolare gusto britannico di guardare il nostro Paese dall’alto in basso è un difetto consolidato e di questo non si scuseranno mai. La copertina di questa settimana non è però un attacco diretto all’Italia, è un attacco alla Brexit. Chi si aspettava che l’Inghilterra sarebbe tornata ai fasti della regina Vittoria, deve pur venire ricondotto alla realtà. La Brexit ha distrutto la signora May, ha fatto inciampare Johnson e ha schiantato la Truss, tre primi ministri in 5 anni e domani saranno 4. Tanto per essere pedanti, aggiungiamo che l’Inghilterra ha un primo ministro, l’Italia ha solo un presidente del consiglio che a volte si atteggia a tale.
L’’instabilità è propria dell’Italia, non dell’Inghilterra. Detto questo, il dito puntato dal settimanale va contro il populismo che ha gonfiato di referendum in Inghilterra ed ha sfondato nella politica italiana. Il populismo ha solo aumentato le aspettative, lasciando irrisolti i problemi. Peggio ancora, ha stabilito un nesso causale fra le aspettative aumentate ed i problemi irrisolti, tale che le classi dirigenti espresse rinunzino al loro mandato per manifesta incapacità. Il caso della Truss è comicamente emblematico, ma in Italia ne troveremmo di altrettanti. Convinta di poter accontentare la parte principale del suo elettorato il nuovo capo dei conservatori ha subito perso il contatto con la realtà economica del suo paese. E qui la coda velenosa della situazione che pure sfugge ad Economist, per cui grazie all’adesione all’euro e all’Unione europea, l’Italia sta meglio dell’Inghilterra, quali siano le tare secolari che si porta dietro.
L’Inghilterra dovrebbe avere un soprassalto di coscienza, per cui i fasti imperiali non ritorneranno, la sterlina non ha nessuna possibilità di competere con le monete comunitarie e bisogna considerare fra queste, per la sua diffusione, anche lo yen. Le dimensioni contano e l’Inghilterra non ha più la possibilità di riprendersi l’India, perché questo le servirebbe con la Brexit il dominio nelle Indie. La classe dirigente britannica di domani, se non potrà invertire il corso della Brexit, dovrà per lo meno fare uno sforzo di maggiore realismo e mostrarsi all’altezza di una condizione di difficoltà non prevista, quale quella che si produce quando si compie un passo sbagliato. È il vero tarlo che rode la società britannica, abbiamo commesso un errore. Non sono abituati a contemplare simili ipotesi. L’Italia invece più o meno è scontato che qualunque cosa faccia sbagli. Pensavamo che fosse stato un grande successo liberarsi dei vecchi politici ed ecco che siamo costretti a fagocitarne ogni momento di nuovi. È appena giunto il turno dell’onorevole Meloni. Tanto poco la conosciamo alla prova del governo, che è davvero difficile dire se l’Italia debba augurarsi una durata un po’ più lunga della signora Truss.
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