La Provincia di Cremona ha pubblicato la seguente lettera dei responsabili del Pri cittadino, gli amici Matteo Bettini e Anselmo Gusperti
Egr. Direttore
In questi giorni si è letto sul Suo giornale che la Destra cremonese ha subito un improvviso innamoramento per la bacinizzazione del Po. Che sia forse dettato dalle difficoltà create agli agricoltori cremonesi dalla siccità ricorrente ? Ma la bacinizzazione del Po non è, fortunatamente, solo irrigazione durante le siccità: è ben altro, e sarebbe bene fare un po’ di chiarezza.
Intanto sgomberiamo il campo da un equivoco. Circa un paio di anni fa il Ministro Salvini aveva riesumato l’idea di un Canale navigabile fino a Milano, non capendo che, senza un Po navigabile 365 giorni all’anno, fare un canale navigabile per chiatte/bettoline fin là sarebbe esattamente come buttar via i soldi di noi contribuenti. Inoltre, oggi che l’industria pesante è sparita da Milano e dintorni, sul tronco CR-MI cosa dovremmo portare? L’unica “merce”che compie questo percorso giornaliero sono i pendolari: portiamo forse loro con le bettoline? E poi: in quale luogo di Milano? Dopo che le aree destinate ad ospitare il Porto di Milano (è rimasta la denominazione di una fermata della Metro – Porto di Mare – T.I.B.B.) sono state vendute e l’Ente preposto è stato sciolto? Decisamente più corretto e producente sarebbe tornare a considerare Cremona meta centro-padana della navigazione fluvio-marittima, un nodo di interscambio in posizione baricentrica (BS, BG, MI, PC, PR, RE) raggiungibile dal naviglio rendendo navigabile il tratto del Po tra Cremona e la foce del Mincio. La rimanente parte del percorso fino al mare (Venezia, Ravenna, tutti i porti dell’Adriatico, dello Jonio, buona parte del bacino Mediterraneo, ecc…) sarebbe garantita, con interventi e costi minori, sul sistema di canali Fissero-Tartaro -Canal Bianco. Pochi sanno che la valenza della navigazione sul Po era già chiara al Triumvirato della Repubblica Romana del 1849 (Mazzini- Armellini-Saffi),che, in un documento, nonostante i gravi problemi che incombevano, ebbe modo di dichiararla “ di interesse nazionale”. Ma andiamo per ordine. Perché attuarla e cos’è la bacinizzazione del Po?
Esistono ancora i progetti della “Idrovia Padana” (edita dalla cremonesissima Comunità Padana delle C.d.C. edizione 1963!) che dimostravano la fattibilità, la convenienza e la lungimiranza della necessità di realizzare le poche opere necessarie a rendere navigabile il Po per almeno 330 giorni all’anno e salvaguardarne l’alveo .Eminenti cremonesi, specie Repubblicani (per fare dei nomi: G.Dolfini, C.Genzini, Michieli, unitamente agli altrettanto valenti Tecnici del Consorzio del Porto) spesero forze a profusione per dimostrare le loro ragioni, chiamare a raccolta i cittadini, proporre, sollecitare e promuovere il progetto. Nel suo piccolo, uno degli scriventi (PRI) organizzò, circa 30 anni fa, un convegno molto partecipato con l’intervento di autorità portuali (TS,BA,BR) e politiche, anche di livello nazionale, per propugnare la navigazione fluvio-marittima senza rottura di carico da ogni porto del Mediterraneo fino al cuore della Valle Padana. Ed eccoci al punto fondamentale: cos’è la bacinizzazione del Po?
Poiché qualcuno ci accusa di voler cementificare il fiume, chiariamo cosa si intende per bacinizzazione. L’ultima versione del progetto, prima che fosse affossata col fattivo concorso delle stesse forze che oggi ne vogliono, curiosamente, la primogenitura, prevedeva una spesa di circa 2,4 miliardi di euro . Il progetto prevedrebbe la realizzazione di quattro traverse, sorta di dighe “ad acqua fluente”, nel senso che lasciano passare una parte dell’acqua per sostenere i livelli idrici di magra del fiume Po, riportandolo mediamente alle quote di circa 50/70 anni fa. Il rialzamento proposto, secondo il curatore Alessandro Paoletti, ordinario di costruzioni idrauliche al Politecnico di Milano, «non produrrà alcuna modifica delle portate fluviali e rimane all’interno dell’alveo inciso, senza interessare le aree golenali e, pertanto, senza produrre alcuna alterazione del regime idraulico di piena». Le quattro dighe sarebbero da situare fra Motta Baluffi, nel Cremonese, e Rocca Bianca, nel parmigiano, fra Viadana e Brescello, fra Borgoforte e Motteggiana e fra Sustinente e Quingentole. Ogni diga sarebbe composta da uno sbarramento con paratie mobili, che dovrebbero abbassarsi in caso di piena, una conca di navigazione, una centrale idroelettrica ed una scala di risalita per i pesci. E continua «Il volume idrico invasabile, circa 150 milioni di metri cubi – secondo i progettisti – sarà disponibile in situazioni di deficit idrico per incrementare la portata del Po in occasione di periodi di magra eccezionali. Questo migliora la funzionalità delle derivazioni idriche superficiali ad uso irriguo ed industriale come il raffreddamento delle centrali termoelettriche di Ostiglia e Sermide e contrastare la risalita del cuneo salino nell’area del delta». Ed eccoci al secondo quesito: perché la bacinizzazione del Po?
Esponendo con quella massima chiarezza, che non confonde il cittadino, che solo uno schema a punti può dare, una risposta risulterebbe:
– Il nuovo assetto bacinizzato, e non a corrente libera, dovrebbe garantire la navigabilità per tutto l’anno, contro i 10 mesi attuali, ormai, ahimé, non più effettivi. – La realizzazione delle traverse per innalzare i livelli idrici permetterebbe di ottenere, in corrispondenza delle stesse, dei dislivelli idrici di circa 3 metri che potrebbero essere utilizzati, per produrre energia idroelettrica stimata in 920mila MWh/anno, pari al 3% della produzione idroelettrica nazionale.
Altri vantaggi diciamo collaterali, ma di grande peso economico ed ambientale, sono ad esempio :
– la salvaguardia del fondo dell’alveo, delle sponde e di tutte le opere connesse al fiume, quali argini e ponti, costantemente soggetti all’erosione delle sponde e delle fondazioni; – Verrebbero evitate le piene disastrose e la carenza d’acqua irrigua nei periodi di secca con grande sollievo dell’agricoltura ( tanto per non dimenticarcene); – Permetterebbe la navigazione fluvio-marittima fino al centro della Pianura Padana togliendo dalle strade e dalle autostrade migliaia di carichi pesanti (con grande sollievo del martoriato asfalto) .
E qui facciamo solo una piccola considerazione: se una chiatta o una bettolina porta parecchie decine di containers per ogni viaggio, se ogni container corrisponde ad un camion o autoarticolato quante centinaia/migliaia di TIR toglieremmo dalle nostre autostrade/strade statali? E dai nostri ponti? Senza contare tutto ciò che ne consegue: usura, incidenti, intasamenti del traffico, etc… – I trasporti speciali troverebbero una via naturale e libererebbero strade ed autostrade dal loro pericoloso ingombro; – Abbattimento dell’inquinamento dell’aria (quante miglia di tonnellate di Co2, particolato, polveri, etc… sì risparmierebbero con migliaia di TIR circolanti in meno?). Quanto detto vale per la rete nazionale in senso N/S, in senso E/W e per la rete locale di S.S. e S.P. Senza tenere conto dell’inquinamento acustico…
Quando si deve considerare la valenza di questa opera, anche se dovrebbe essere una regola generale, bisogna ragionare in termini di Bilancio EcologicoAmbientale generale, non dell’impatto della singola opera, per altro migliorabile con mitigazioni da eseguire sulle rive, sui manufatti, ecc…
Abbiamo sott’occhio numerosissimi esempi sparsi in tutta Europa ed oltre; di fatto tutti i maggiori fiumi europei (Rodano, Reno, Danubio, Mosa e Mosella, Senna, etc…) sono bacinizzati da secoli ed hanno contribuito fattivamente allo sviluppo delle rispettive nazioni (per quanto riguarda la salvaguardia dell’ambiente, più avanzate dell’Italia) e a trasportare milioni di tonnellate di merci in modo ecologico, anche da un mare all’altro (il “canal du Midi”, in Francia, permette di collegare Sète, sul mar Mediterraneo, con Bordeaux, sull’oceano Atlantico, mediante la Garonna dal 1770 circa, per non parlare del complesso Reno- Mosa-Mosella- Schelda, che interessa Francia, Germania, Belgio e Paesi Bassi). Noi, oggi 2023, stiamo ancora a grattarci il mento pensierosi e dubbiosi, mentre a Milano e Roma non sanno se esistiamo…
La Storia insegna, i documenti ed i progetti ci sono basta aggiornarli.
Manca la politica, come sempre, in volontà e qualità.
Per chi volesse il PRI cremonese c’é