All’indomani della sua contestata elezione a leader supremo del Movimento 5 stelle, il presidente Conte era salito al Quirinale. Non si capisce ancora bene esattamente per quale ragione sia stato ricevuto da Mattarella, comunque il presidente Conte era poi corso in uno studio televisivo per dire che egli non era contrario all’aumento delle spese militari, il suo stesso governo le aveva aumentate, ma solo preoccupato che queste non comprimessero una necessaria, quanto generica, spesa sociale. Se un leader della maggioranza decide di darsi alla propaganda elettorale in momenti drammatici della vita del paese e dell’Europa, è una sua lecita scelta. Ciascun cittadino giudicherà a piacer proprio.
Ieri dopo una presa di posizione molto circostanziata del presidente del Consiglio, “l’Ucraina deve difendersi” ed un voto delle Camere sull’invio delle armi a quel paese, il presidente Conte è tornato davanti alle telecamere per chiedere un ulteriore confronto parlamentare e un chiarimento della strategia della politica internazionale del governo. “Vogliamo essere falchi o colombe”? Il presidente Conte non vuole che il governo italiano mandi armi “offensive” all’Ucraina, le chiede solo “difensive”. Questo giornale ha subito commentato, eccellente, a Zelensky mandiamo le fionde.
Prima di quest’ ultima uscita televisiva del presidente Conte vi era stata una presa di posizione del pontefice molto critica nei confronti della Nato, accusata di avere “abbaiato ai confini della Russia”. Il pontefice difende le ragioni della pace come ritiene opportuno e lo Stato del Vaticano non è membro della Nato. Il pontefice può quindi dire a riguardo qualsiasi sciocchezza voglia, il papa è più di Putin, un sovrano assoluto. Il presidente Conte invece è parte di una maggioranza di un governo repubblicano e democratico che aderisce all’Alleanza Atlantica. La sovranità nazionale dell’Italia si esercita nell’ambito dell’adesione a tale alleanza. Questa comprende sia impegni specifici in spese militari, sia l’invio di armamenti, sia altro ancora, ad esempio la partecipazione alla guerra alla Serbia fatta dalla Nato e dall’Italia nel 1999.
Chiedere al governo di distinguersi dai suoi impegni verso la Nato, forse il presidente Conte non ne ha contezza, significa chiedere al governo di uscire dalla Nato.
Per carità si tratta di una posizione rispettabilissima, con illustri precedenti e che prefigura ed ambisce ad uno status completamente diverso per l’Italia. Pensate, mentre persino Finlandia e Svezia vogliono aderirvi, noi si potrebbe divenire come il Costa Rica. Se poi si vuole evitare di apparire una caricatura di un leader politico, che chiacchiera nei salotti televisivi, il presidente Conte ha una strada maestra da intraprendere. Tale strada non abbisogna nemmeno dalla presenza del presidente del Consiglio in Parlamento per un dibattito, anche perché Draghi manco lo ascolta il presidente Conte. È sufficiente invece che il presidente Conte spedisca il capo delegazione del Movimento 5 stelle a Palazzo Chigi per aprire la crisi di governo. Chieda a Di Maio di farlo e vada incontro alle necessarie conseguenze. Questo sì che farebbe notizia. Un fatto, finalmente.
Nella stessa trasmissione televisiva in cui il presidente Conte aveva svolto il suo sproloquio, è accaduto qualcosa di curioso. Il noto giornalista Alan Friedman, prima di prendere posto sulla medesima poltroncina, si è preoccupato di pulirla accuratamente con un fazzoletto, nonostante la conduttrice assicurasse che lo studio fosse stato igienizzato. Strani tipi gli anglosassoni, guardate Johnson. Se l’Italia seguisse Conte ed il pontefice, ci pensa il premier del governo di Sua Maestà a mendare le armi offensive agli ucraini. E badate che gliele manderà devastanti.