Come non essere indignati dell’evidente mancato riserbo istituzionale degli onorevoli Delmastro e Donzelli? Uno lascia i documenti sensibili in giro per casa, l’altro li arraffa e li spiattella in aula alla Camera, entrambi che lanciano strali contro deputati dell’opposizione, i quali, poverini, hanno semmai avuto il merito di voler portare un conforto cristiano a dei miserelli carcerati. Abbiamo ascoltato le severe parole pronunciate dal direttore della Stampa, Giannini, il quale ha ricordato un sincero democratico come Marco Pannella. A parte che Pannella informava lui direttamente del suo andare per le prigioni e non ricordiamo visite a carcerati con il 41 bis, non c’entra, come pure ha detto il collega Giannini ieri sera ad una trasmissione televisiva, il rispetto del garantismo. A meno che la magistratura abbia preso un clamoroso abbaglio, questi signori consegnati con il 41 bis non sono dei sospetti buttati in pasto all’opinione pubblica prima del processo, cosa che hanno fatto tanti quotidiani nazionali. Sono dei condannati graziati e poi di nuovo condannati allo stesso regime. In ogni caso sono molte altre illustri personalità indignate a chiedere le dimissioni dei perturbatori scapestrati del nostro ordinamento istituzionale, per non dire di membri della stessa maggioranza di governo. L’onorevole Lupi, ad esempio, come minimo, invita Delmastro e Donzelli a scusarsi.
Poi c’è chi riscontra l’evidente imbarazzo del presidente del Consiglio. L’onorevole Meloni finora tace, sicuramente, come dice un perspicace onorevole Conte, perché non sa che dire e si nasconde in Germania. Per fortuna che ancora non fioccano paragoni con precedenti storici. Potrebbe invece sempre arrivare un commento del ministro Roccella sulla convivenza dei due deputati e chiedere delle loro normali famiglie. Infine si potrebbe anche considerare un tale pettinato alla Ringo Star, indegno del Parlamento della Repubblica. Comunque senza arrivare a questo, già ci sono anche le querele depositate.
Un formidabile polverone sollevato, dietro al quale si vede appena appena la notizia che pure è stata data dalle intemperanze del beatles Donzelli, ovvero l’avvenuto e documentato collegamento fra Cospito ed i boss mafiosi compagni di galera e che con lui sperano in un alleggerimento delle misure a cui sono tutti sottoposti. Questa sottile e tenue speranza dei boss che accompagna la lotta di Cospito non deriva però dal sentimento umanitario che provano i cristianissimi parlamentari andati in pellegrinaggio fra i poveri prigioni, ma dalla calcolata possibilità che se lo Stato ceda su un caso isolato, sia prossima a cadere un’intera linea di comportamento legale, appunto quella della massima sicurezza pretesa dal giudice Giovanni Falcone trent’anni fa.
Abbiamo scritto dal primo giorno che se si ritiene aver comminato erroneamente tale misura ad un criminale reiterato come Cospito, si riveda la decisione ministeriale, altrimenti, come ha detto Nordio si faccia tutto il possibile per mantenere in vita chi si riduce allo sciopero della fame come prescrive la legge. Questo non perché lo Stato democratico è severo ed autoritario, ma perché non si fa ricattare da azioni violente, quali che siano. Un principio che andrebbe comunque salvaguardato indipendentemente dalle gravi violazioni della forma istituzionale repubblicana. Per lo meno da questo giornale, abbiamo smesso di contarle e persino di scandalizzarci. Tante sono state, in continuazione, oramai da parecchi anni a questa parte e sempre impunite.