Ancora deve essere approvato il progetto di riforma costituzionale per eleggere direttamente il capo del governo e nella maggioranza non sanno se procedere con il doppio turno o un’elezione unica, che l’onorevole Meloni si è detta “non contraria” anche all’elezione diretta del capo dello Stato. «Quello che volevo – ha dichiarato il presidente del Consiglio – è una riforma che non mettesse in discussione l’autorevolezza e l’unità che il capo dello Stato garantisce, ma cambia molto quando hai un mandato diretto dei cittadini». Se le parole hanno un senso ed il presidente del Consiglio sa che cosa dice, ha appena fatto sapere che la sua riforma compromette il ruolo del presidente della Repubblica, altrimenti non si porrebbe la questione dell’elezione diretta di entrambi i vertici dello Stato. L’onorevole Meloni aggiunge di non vedere una qualche disparità, eppure evidentemente si rende conto che invece la disparità c’è eccome, tanto da aprire ad un’opzione presidenzialista e questo, altra cosa che non si capisce, se successivamente o contemporaneamente a quella del premierato. In ogni caso, approvata la riforma del premierato si porrebbe la questione di una repubblica presidenziale e si andrebbe direttamente dallo Stato “acefalo”, lamentato un tempo dal professor Panebianco a quello “bicefalo” auspicato dall’onorevole Meloni.
Quale poi sia esattamente il progetto istituzionale del governo, lo sa giusto la Pizia. La maggioranza si era presentata con la leggiadra formula di voler eleggere il capo dello Stato, ma che si poteva anche eleggere il presidente del consiglio, come in fondo aveva proposto a sua volta il partito democratico, anche se, secondo il senatore Ceccanti, l Pd vorrebbe un premierato “non elettivo”, è sempre la stessa acqua. Adesso si vorrebbe eleggere entrambi, come e quando, si vedrà. Intanto la confusione sulla materia è diventata indescrivibile. Il risultato? L’idea stessa dell’ordinamento dello Stato è caotica.
“Fratelli d’Italia”, è nome importante, in quanto ricorda Mameli ed il suo inno, la più pura tradizione risorgimentale, quella mazziniana. Allora varrebbe la pena che in quel partito si interessassero al dibattito sul potere esecutivo e la sua elezione al tempo di Mameli. Abbiamo persino visto uno sceneggiato Rai dove Mameli veniva addirittura presentato quale estensore della costituzione repubblicana del 1849, cosa che per la verità, non risulta. Risulta invece che l’Assemblea romana presume una formula di elezione indiretta dei vertici dello Stato e il motivo lo illustra il commissario Aurelio Saliceto a cui fu affidata la relazione sul progetto costituzionale. “La vera democrazia non posa sul principio che tutti siano chiamati ad esercitare gli stessi diritti, ma che ciascuno è chiamato ad esercitare quel diritto di cui e capace”. Così Saliceti, mazziniano come Mameli, per il quale il popolo non può esercitare direttamente il diritto di nominare i consoli. “Il più delle volte, spiega, sarebbe incapace a fare una buona scelta”. Un conto è eleggere i rappresentanti dello Stato. Questi sono di un numero copioso e comunque nei rappresentanti si richiedono qualità minori di quelle richieste ad un Console. Nel caso di qualche cattiva nomina, le conseguenze sarebbero poco rilevanti. “Dove però si tratta di scegliere uno o pochi individui, una nomina fatta all’impazzata può rappresentare la rovina della Nazione”. Saliceti e Mameli avevano proprio l’esempio del presidente appena eletto dal popolo di Francia che ora cannoneggiava l’Assemblea romana. Considerando che da noi non si esprimono nemmeno le preferenze per scegliere i parlamentari, scegliamo quelli voluti dai partiti, come in Inghilterra sotto il dominio aristocratico, d’un tratto ci vogliono far eleggere addirittura il capo del governo ed il capo dello Stato. Per lo mano avessero una legge apposita da proporci. Manco quella. Pensarci un po’ meglio, prima di procedere, no?
galleria della Presidenza del Consiglio dei Ministri