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Due anni in caduta libera

Riccardo Bruno di Riccardo Bruno
23 Ottobre 2024
in L'editoriale
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Quel poco di buono che il governo Meloni è riuscito a fare in questi due anni lo deve principalmente alla continuità con il governo Draghi, come il taglio al cuneo fiscale, o l’apertura al nucleare, gli incentivi alle famiglie. Anche la stravaganza di contestare il patto di stabilità europeo e comunque di rispettarlo, almeno nelle intenzioni. Per il resto una caduta continua iniziata con la mancata ratifica del Mes, scelta meramente ideologica, priva di qualunque senso politico che è diventata un tratto distintivo di un governo che scorge fuori dal suo perimetro ristretto, esclusivamente dei cospiratori.

Anche il titolo di merito ottenuto nei primi mesi del suo mandato, il sostegno dichiarato alla lotta del popolo ucraino, è oramai un pallido ricordo. Nato e parlamento europeo chiedono di autorizzare l’Ucraina a colpire il territorio russo, il governo italiano, che tra l’altro non ha dato armi utili allo scopo, si rifiuta, accodandosi alla deriva putiniana del senatore Salvini, quello che preferisce Mosca a Bruxelles e che darebbe due Mattarella per mezzo autocrate del Cremlino.

Il governo Meloni era tuttavia e sorprendentemente, riuscito ad instaurare un rapporto positivo con l’amministrazione statunitense e almeno questo sarebbe stato un titolo, se non lo avesse vanificato per sostenere apertamente la candidatura di Trump, facendo così venir meno il principio di neutralità da parte del governo italiano nella campagna presidenziale americana. Da qui il freddo con la presidenza Usa ancora in carica che snobba l’Italia ai vertici internazionali. Se poi vincesse la Harris, povera Meloni, mentre chissà se Trump le perdona i baci in fronte di Biden.

Non ci è stato risparmiato il ridicolo e fin dal primo momento con lo sbandierato, quanto vanamente declamatorio “piano Mattei”, qualcosa che può annunciare giusto chi conosce l’Africa dai club Med frequentati dal ministro Santanchè. Lo scherzo telefonico del comico russo che si è fatto passare per un esponente dell’Unione africana, da idea del livello delle relazioni intercontinentali del governo. Meglio poi soprassedere sul fumettone consumato al ministero della Cultura. Qualcosa già passata agli archivi della storia del fotoromanzo. Se ne è usciti con un neo ministro che a cinquant’anni ancora deve discutere la tesi di laurea e che i laureati non capiscono cosa dice quando parla.

Il peggio è arrivato ora con la costruzione di un campo di prigionia extraterritoriale per i migranti clandestini. Una autentica vergogna che nella mitomania del presidente del Consiglio viene pure indicato a modello ad un’Europa che si è lasciata alle spalle il colonialismo ed i lager nazisti. Purtroppo, questo è il punto dirimente, il partito dell’onorevole Meloni, legato al mito salòino, no, nessuno che le dica in Fratelli d’Italia che quello che sta facendo è un insulto alla civiltà liberale del mondo occidentale.

Quelli che l’onorevole Meloni e il senatore Salvini credono di essere i nostri confini, sono i confini europei e vanno difesi nel rispetto della normativa europea. Non sono i nostri magistrati che non conoscono il francese, è il ministro Nordio a non voler capire le sentenze della Corte di Bruxelles che danno torto all’Italia. Visto che poi il governo insiste e pensa di poter ritrascinare su e giù per l’Adriatico i migranti, a Palazzo Chigi non si rendono ancora conto di che cosa li aspetta nei prossimi mesi.

Eppure un organismo ausiliario dell’Unione, come il Consiglio europeo, è arrivato a prendersela ingiustamente con la nostra Polizia. Un modo indiretto per mettere all’indice il governo italiano ed il governo dovrebbe sentirsi fischiare le orecchie. Tanto varrebbe chiedere al popolo sovrano di uscire dall’Unione europea e proporre una confederazione di paesi mediterranei, dalla Tunisia, all’Egitto, al Marocco, l’Algeria. A conti fatti, l’Italia sarebbe .il paese di punta, sempre che si riesca a surclassare il Marocco in notevole espansione.

foto pixabay

Tags: EuropaMeloni
Riccardo Bruno

Riccardo Bruno

Riccardo Bruno si è laureato in Storia della Filosofia presso l'Università di Roma La Sapienza nel 1988. Dal 1987 al 1989 collabora all'Ufficio esteri del PRI diretto dall'onorevole Vittorio Olcese. Dal 1994 è capo ufficio stampa del PRI, dal 1995 giornalista professionista iscritto alla stampa parlamentare. Nel 1999 è capo redattore de La Voce Repubblicana. È stato poi editorialista per il Foglio di Giuliano Ferrara e l'Indipendente di Vittorio Feltri. Dal 2019 è prima vice direttore de La Voce Repubblicana e poi direttore politico

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