Prova maggiore del dilettantismo del governo italiano non poteva esser data dalle previsioni sul voto europeo prima e francese poi. Convinti com’erano che le forze conservatrici e “patriottiche” avessero il boccino in mano del Parlamento di Bruxelles, due partiti su tre della maggioranza, nonostante l’evidenza, hanno votato contro la Commissione, e questo persino dopo che in Francia i sogni lepenisti di trionfo si fossero dissolti nello spazio di un mattino. Il risultato di questa bella alzata di testa è stato, non solo di trovarsi ora a supplicare la benevolenza del presidente del Ppe Weber per un qualche incarico e nello spirito caritatevole del presidente von der Layen, magari un commissario alla Pesca potrebbe saltare fuori, ma persino di vedersi il gruppo del presidente del consiglio, scavalcato da quello formato dall’amico Orban. L’onorevole Meloni dovrebbe ringraziare che non c’è un governo Bardella in Francia, perché altrimenti il blocco “patriottico” francese e quello ungherese, farebbe a gara a scaricare i suoi migranti in Italia, con Salvini vaso di coccio fra i due di ferro. Addio ad una possibile politica di contenimento comune del Mediterraneo che la von der Layen e Macron hanno comunque sostenuto alla meno peggio. Solo per questa ragione, non ce ne fossero anche altre, sarebbe stato interesse dell’Italia schierarsi con la Commissione. L’occasione è sfumata. Avanti con la costruzione dei Lager in Albania dove alla “premier”, gli indigeni grati, già le intitolano i ristoranti.
Il governo continui pure a dire che il patto di stabilità appena approvato, con la firma del ministro Giorgetti, ovvio, è un errore e frena l’economia italiana e che il Pnrr sembra un piano cinquennale dell’Unione sovietica. Vedrai il successo presso il mondo degli imprenditori, fra cui facciamo notare, si annovera anche un gruppo Berlusconi, infatti Forza Italia, poveretta, fa i salti mortali per distinguersi. Non fosse sufficiente un quadro del genere, tale da consigliare un prolungamento delle vacanze al presidente del Consiglio di altri 35 giorni invece che ore, ci si è messa la polemica con la Chiesa sull’autonomia. Pensare che quando c’era un fiero laico come Giovanni Berlinguer ministro, la conferenza episcopale spiegava il significato della Costituzione, Berlinguer subito giurava che quelle era l’interpretazione vera ed autentica e si metteva in ginocchio ossequioso. Oggi il governo tace ed alle osservazioni della Cei, su una legge ordinaria, lascia replicare un governatore di Regione per dire che la Chiesa non capisce niente. In tutte le polemiche sostenute con il Vaticano dalla voce repubblicana, più di settant’anni di attività, mai a nessuno è venuto in mente di dire che la Chiesa non capisse. Al contrario, la Chiesa capisce benissimo e sicuramente meglio di Zaia. È che noi proprio la pensavamo diversa. Questi invece la pensano come la Chiesa, uno sgrana i rosari, l’altra invita il papa al G7, il terzo bisognerà farlo santo e poi la prendono di petto quando si esprime. Chiamarli dilettanti è ancora poco.
Ora per definire il governo, si attendono solo le aspettative sul voto statunitense. Belli svegli, si sono dati di gomito, torna Trump. E se torna Trump, il campione di Trump è Conte, mica la Meloni. L’unico motivo per cui la Schlein ha ragione di sopportare uno come Conte in coalizione sono le entrate del personaggio presso una presidenza Trump. La Meloni dovrebbe sforzarsi di risalire la china dopo i baci in fronte di Biden. In ogni caso, Trump arriverebbe alla Casa Bianca a febbraio e non è affatto detto che, nel frattempo, gli impegni americani presso l’Europa siano di dimensioni tali che la nuova amministrazione dovrà faticare non poco a disfarli, o proprio, vi si rassegni, quali intenzioni possa avere. Esattamente come non è affatto detto che Trump vinca le elezioni, anzi. Invece, è già detto che la distinzione di posizioni del governo italiano sulla controffensiva ucraina rispetto al Bruxelles e Washington, compromette quel poco fatto di buono finora con il sostegno all’Ucraina. Mettono in discussione anche questo e tanto vale dare Palazzo Chigi a Salvini con il suo sette per cento.
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